Costerà molto lasciare il gas russo. I cittadini UE ne sono consapevoli?
Il prezzo che l’Europa deve pagare per staccarsi dal gas e dal petrolio russo continua a crescere, soprattutto a causa dei metalli che serviranno per la transizione energetica.
Il prezzo che l’Europa deve pagare per staccarsi dal gas e dal petrolio russo continua a crescere, soprattutto a causa dei metalli che serviranno per la transizione energetica.
Il nuovo accordo tra Stati Uniti e Unione Europea ha lo scopo di ridurre la dipendenza dalla Russia. In realtà rafforzerà la dipendenza dai combustibili fossili e porterà a irrimediabili conseguenze climatiche.
L’OPEC non ha commentato l’invasione russa dell’Ucraina. Ha invece manifestato preoccupazioni per un eventuale embargo petrolifero della UE alla Russia.
È spiacevole essere catastrofisti, ma la partita che l’Unione Europea sta giocando con la Russia è sulla buona strada per finire in una catastrofe.
I produttori di gas naturale statunitensi e i trader internazionali si stanno affrettando a vendere GNL all’Europa a prezzi esorbitanti, con profitti che nessuno poteva neanche immaginare.
I piani espansivi della Cina per l’approvvigionamento di metalli e materiali critici a livello globale hanno avuto successo.
La crisi tra Russia e Ucraina ha messo in allerta i mercati energetici. Una interruzione delle esportazioni russe di petrolio e gas in Europa potrebbe finire in un disastro.
Il grande nervosismo che circola sui mercati del gas e del petrolio non preannuncia nulla di buono. Se ci sarà un embargo alla Russia, per gli europei ci sarà molto da perdere.
Se la Russia si riprenderà l’Ucraina con la forza, entrerà in possesso di enormi ricchezze naturali, dal carbone al gas, dal manganese al titanio e anche oro.
La Bielorussia minaccia di interrompere i flussi di gas in transito verso l’Europa. Si prevede che i prezzi del gas saranno di nuovo molto volatili.
I consumatori della Moldavia sono stati esortati ad usare il gas con parsimonia perché il gas naturale russo comincia a mancare.
I talebani, ormai padroni dell’Afghanistan, si ritrovano con una delle più grandi riserve non sfruttate di litio del mondo.
L’Afghanistan si trova su uno dei più ricchi giacimenti di minerali al mondo. I nuovi padroni del paese a chi concederanno di sfruttarlo?
Il problema occidentale dell’approvvigionamento di terre rare dalla Cina è una specie di bomba ad orologeria che prima o poi esploderà.
La contesa territoriale tra Guyana e Venezuela sembra la storia di Davide e Golia. Ma se intervengono gli Stati Uniti le parti si invertono.
Quando ci sono di mezzo petrolio e gas per la sicurezza energetica, le considerazioni sulla democrazia potrebbero passare in secondo piano.
La nuova situazione creatasi in Medio Oriente con il ritiro americano dalla Siria, sembra portare dritto dritto verso una guerra tra Iran e Israele.
Sarà Nicolas Maduro o Juan Guaidò a decidere il destino del Venezuela? Probabilmente nessuno dei due: il campione della partita sarà ancora il petrolio.
In questa piccola isola del Mediterraneo si sta giocando, senza clamori mediatici, una partita geopolitica con una posta enorme in gioco.
La guerra del petrolio in atto, tra Arabia Saudita e Iran, porterà ad un crollo dei prezzi e potrebbe rappresentare la fine dell’OPEC.
Anche l’Iran ha alzato i toni nello scontro con gli Stati Uniti, minacciando quello che per gli analisti è uno scenario apocalittico: la chiusura dello Stretto di Hormuz.
Le tensioni che si sono create in Medio Oriente potrebbero avere conseguenze drammatiche. E i prezzi del petrolio potrebbero volare a 500 dollari. Impossibile o soltanto improbabile?
Alcune sperdute isole del Mare Cinese Orientale sono da tempo al centro di tensioni politiche e militari tra Cina e Giappone. Molti osservatori temono che la contesa possa degenerare, con gravi conseguenze anche per tutto l’Occidente.
I paesi occidentali hanno chiesto al WTO di intervenire per risolvere la controversia con la Cina sulle esportazioni di terre rare,