Gasdotto senza ricambi causa sanzioni. Il gas non arriva in Europa

Le sanzioni occidentali hanno bloccato i pezzi di ricambio per il gasdotto che rifornisce l’Europa proprio mentre si stanno cercando di riempire i depositi di gas per l’inverno. Italia e Germania tra i paesi maggiormente penalizzati.

Le cose cominciano a mettersi davvero male per i rifornimenti energetici in Italia e nel resto dell’Unione Europea. Circa il 40% delle forniture di gas naturale verso la Germania sono state interrotte, così come il 15% di quelle verso l’Italia. Ma i rischi di un peggioramento sono alti, mentre ENI ha appena comunicato che nella giornata odierna riceverà dalla russa Gazprom solo il 50% di quanto richiesto.

La tedesca Siemens non può restituire la turbina già riparata

Le cause dell’interruzione sono tecniche e, secondo Gazprom, si tratta di un’unità di pompaggio della Siemens per il gasdotto Nord Stream, in riparazione in Canada. Paradosso dei paradossi, la Siemens non può restituire la turbina già riparata a Gazprom a causa delle sanzioni anti-russe del Canada. Anche Bloomberg conferma la notizia e aggiunge che una seconda turbina oggetto di manutenzione non può essere inviata in Russia. Per il momento, non si intravede una rapida soluzione al problema.

Subito dopo che la notizia è diventata pubblica, il prezzo del gas naturale presso l’hub olandese TTF (Title Transfer Facility) ha superato i 1.100 dollari per mille metri cubi. Dopo poche ore, i prezzi sono aumentati del 25% rispetto al giorno precedente, superando addirittura la soglia dei 1.300 dollari per mille metri cubi.

Alla ricerca disperata di gas per riempire i depositi mentre i prezzi sono alle stelle

La situazione potrebbe diventare presto drammatica, anche se la maggior parte delle persone se ne accorgerà soltanto dopo l’estate. In questi mesi i paesi dell’Unione Europea stanno disperatamente cercando di riempire i depositi di gas sotterranei (UGS) per quest’inverno.

Anche senza mettere in conto che lo stanno facendo con prezzi del gas altissimi, quando in condizioni normali avveniva proprio il contrario visto che durante i mesi estivi la domanda e i prezzi sono più bassi, le difficoltà a stoccare gas stanno crescendo. Dall’11 al 21 luglio il gasdotto Nord Stream si fermerà per manutenzione, come avviene tutti gli anni. Inoltre, uno dei principali terminal degli Stati Uniti , il Freeport LNG, da cui vengono esportati grandi volumi di gas naturale liquefatto verso l’Unione Europea (UE), è fermo per un incidente (un incendio). La fine delle riparazioni della struttura è prevista solo entro la fine del 2022.

L’Ucraina mantiene bloccata una stazione di pompaggio

Anche per Gazprom la situazione non è piacevole. L’azienda sta vedendo chiudersi poco a poco le porte per rifornire i mercati europei. Dopo il rifiuto dell’Ucraina di pompare gas verso la UE attraverso la stazione Sokhranivka, i volumi di gas forniti attraverso i gasdotti ucraini si sono più che dimezzati. Secondo IrtTEK, mentre prima transitavano circa 100 milioni di metri cubi di gas al giorno, al 15 giugno erano soltanto 41,9 milioni di metri cubi.

In ogni caso, solo prendendo in considerazione la perdita di forniture attraverso il Nord Stream, e cioè 67 milioni di metri cubi al giorno, si tratta di un grosso problema per Gazprom ma soprattutto per i consumatori in Europa, che hanno bisogno di riempire gli impianti di stoccaggio per l’inverno.

Quando non c’è dialogo è impossibile trovare soluzioni

Le soluzioni ci sarebbero ma richiedono volontà politica e dialogo tra le parti. Per esempio, si potrebbe attivare il gasdotto Nord Stream 2, oppure cannibalizzarlo per i ricambi che servono al Nord Stream. Un’altra soluzione potrebbe essere la revoca delle sanzioni da parte delle autorità canadesi per aiutare gli europei, che però farebbe arrabbiare gli americani che insistono nello strappare l’Europa dai rifornimenti energetici russi.

Anche su questa questione, come sulla guerra in Ucraina, il tempo non gioca a favore della UE. Se non verranno prese decisioni tempestive per risolvere il problema, sarà l’ira e la rabbia dei consumatori a mettere sotto pressione i politici europei, non appena saremo alle porte del prossimo inverno.

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