Costerà molto lasciare il gas russo. I cittadini UE ne sono consapevoli?

Il prezzo che l’Europa deve pagare per staccarsi dal gas e dal petrolio russo continua a crescere, soprattutto a causa dei metalli che serviranno per la transizione energetica.

Fino ad oggi, l’Europa godeva di un gas russo economico, facile da trasportare e in grandi quantità. Perciò, sono state ridotte le produzioni nazionali, o chiuse del tutto, di centrali a carbone e reattori nucleari. Adesso, in piena emergenza energetica, l’Unione Europea (UE) vuole uscire dalla dipendenza dall’energia russa.

Quando i conti vengono fatti senza l’oste (acciaio, rame e alluminio)

Almeno, visto il tempismo di questa retromarcia, nessuno politico potrà mai vantarsi di essere stato lungimirante. Tuttavia, qualcuno pensa “meglio tardi che mai” anche se, la nuova politica energetica della UE dovrà mettere in conto ritardi e miliardi di dollari di costi aggiuntivi poiché la guerra in Ucraina ha reso l’acciaio, il rame e l’alluminio scarsi e molto costosi.

Insomma, l’idea di Bruxelles è quella di sostituire in fretta e furia i combustibili fossili russi ed aumentare la produzione da fonti rinnovabili entro il 2030. Perciò, avanti tutta con il gas liquido (GNL) dagli Stati Uniti e con la costruzione di nuovi rigassificatori. La Germania ne costruirà due, la Francia vuole riprendere i colloqui con la Spagna per costruire un gasdotto di collegamento con i rigassificatori spagnoli e il Regno Unito si butterà nel produrre in proprio più energia eolica, solare e nucleare.

Soltanto di acciaio, serviranno 52 milioni di tonnellate

Un bellissimo progetto quello dell’Europa. Peccato che, oltre ad essere tardivo, non tenga conto della realtà delle cose. Infatti, i prezzi dei materiali necessari continuano a crescere e la loro disponibilità a diminuire. Nell’ultimo anno, il Bloomberg Commodity Spot Index è cresciuto del 46% e metalli quali l’acciaio, il rame e l’alluminio hanno toccato livelli record.

Secondo Bloomberg, i progetti energetici della UE di quasi triplicare la capacità eolica e solare in questo decennio, solo in termini di acciaio, potrebbero richiedere circa 52 milioni di tonnellate. L’installazione di 290 gigawatt di eolico e 250 gigawatt di energia solare (quanto previsto dalla Commissione Europea), costerà soltanto di acciaio circa 65 miliardi di euro agli attuali prezzi di mercato. Inoltre, secondo Rysted Energy AS, se non verrà comprato acciaio dalla Russia e dall’Ucraina, attualmente tra i maggiori esportatori di acciaio per la costruzione di turbine e gasdotti, i costi dei fornitori alternativi saranno superiori di almeno il 50%.

Quando i costi salgono troppo, i progetti rischiano di arenarsi

In altre parole, soltanto prendendo in considerazione l’acciaio, la realizzazione dei nuovi progetti per la transizione energetica sarà molto più costosa di quanto previsto. Se poi allarghiamo l’analisi al rame, secondo Bank of America, visto che l’Europa avrà bisogno di circa 7,7 milioni di tonnellate entro 2030, gli aumenti di prezzo di quest’anno significano un sovrapprezzo di circa 7,6 miliardi di dollari alle stime di costo iniziali.

Ma, come ben sa chi opera sul mercato dei metalli, nei prossimi anni potrebbero esserci altri aumenti di prezzi a fronte di una scarsa disponibilità, mentre tutti vogliono accelerare la transizione energetica e tutti hanno bisogno degli stessi materiali.

Possiamo permetterci il rischio di costi completamente fuori controllo su progetti tanto vitali e tanto ciclopici? Decisioni così importanti per noi e per le prossime generazioni non dovrebbero essere prese in quattro e quattr’otto e sull’onda delle emozioni. Dovrebbero invece essere ponderate più a fondo e, soprattutto, i cittadini ne dovrebbero essere largamente informati per essere consapevoli di quello che li attende. Tutto il contrario di quello che sta succedendo…

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