L’implosione di Kongo Gumi, ritenuta una delle aziende più antiche del mondo (risale al 578 d.C.), non è soltanto un momento che verrà ricordato negli annali di storia aziendale, ma è anche una preziosa lezione sulla gestione del debito.
Nella nostra società dove è fin troppo facile indebitarsi (ce lo hanno insegnato molto bene gli Stati Uniti), per ottenere un prestito basta premere un pulsante. Nella nostra cultura si è diffusa l’idea che il debito sia normale e che possa addirittura diventare uno strumento per creare ricchezza.
Più debito equivale a maggior rischio
Per quanto dovrebbe essere abbastanza evidente, non tutti hanno chiaro che il debito equivale sempre ad un rischio e più debito equivale sempre a più rischio, indipendentemente dal fatto che venga utilizzato per fare investimenti o meno. Naturalmente, non avere debiti quando arriva una recessione economica è particolarmente importante, come ci ha insegnato la grande recessione del 2008.
Ma veniamo al caso di Kongo Gumi, la società di costruzioni di edilizia giapponese che fu fondata circa 1.445 anni fa dall’immigrato coreano Shigemitsu Kongo. A quell’epoca il buddismo stava guadagnando popolarità in tutto il Giappone e la famiglia reale aveva bisogno di un esperto costruttore di templi. Perciò cominciarono a cercare talenti nel settore e, alla fine, commissionarono l’opera a Kongo.
Da vero imprenditore, Kongo creò la Kongo Gumi, che continuò a costruire molti dei templi in Giappone, incluso il primo progetto statale, lo Shitenno-ji. Il successo della Kongo Gumi è stato impressionante visto che l’azienda ha continuato ad essere redditizia per secoli. Fino al 2004, la società registrava entrate per 60 milioni di dollari.
I guai cominciano con la bolla finanziaria giapponese negli anni ’80
Tuttavia, nel 2004, l’azienda era già traballante. Infatti, già negli anni ’80 aveva cominciato a mettersi nei guai. Erano gli anni dell’enorme bolla finanziaria giapponese, gonfiata da standard rilassati sui prestiti che aveva convinto tutti che l’assunzione di debito fosse la norma tanto che, molte società giapponesi tra cui anche Kongo Gumi, avevano contratto enormi quantità di debiti.
Ma, quando la bolla scoppiò, la Kongo Gumi, come molti altri, si ritrovò schiacciata dai debiti e nei successivi vent’anni cercò di venirne fuori fino a quando, nel 2006, l’azienda crollò e fu costretta a presentare istanza di fallimento. In quel momento il suo debito totale era di circa 4 miliardi di yen (circa 28 milioni di dollari).
La Kongo Gumi era sopravvissuta a periodi davvero difficili come quando, nel periodo noto come Restaurazione Meiji (durato 250 anni), il governo giapponese aveva cercato di sradicare il buddismo dal paese, compresi i templi edificati dall’azienda. Tuttavia, non è riuscita a sopravvivere ai moderni oneri del debito.
La lezione della Kongo Gumi sembra abbastanza chiara e, in parole semplici, la potremmo riassumere dicendo che il debito uccide.
Una lezione e un monito per l’Italia
Visto che ci troviamo in un paese come l’Italia che vanta un debito pubblico record e in continua crescita (ma molti paesi occidentali stanno seguendo la stessa strada), dovremmo essere impressionati dal rischio enorme che stiamo correndo. Anche se a livello personale ci prendiamo cura delle nostre finanze prudentemente e in maniera accorta, il fatto di vivere in un paese dove i governi accumulano miliardi di debiti, ci espone al pericolo di tasse sempre più opprimenti per bilanciare i conti.
Come abbiamo visto, anche le aziende più antiche e rispettate del mondo crollano sotto la pressione del debito. Cosa può non far pensare che succederà inevitabilmente lo stesso anche per uno stato? Gli impatti negativi dell’enorme debito italiano potrebbero non raggiungere tutti nell’immediato ma, prima o poi, raggiungeranno anche chi pensa che se il governo butta i soldi senza badare alle conseguenze, non sono affari suoi. I nodi vengono sempre al pettine, proprio come i debiti.
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