La città dove tutto era proibito o vietato

Un racconto di fantasia ci catapulta molto vicino a dove siamo abituati a vivere e dove abbiamo completamente dimenticato cosa sia la libertà.

C’era una volta una città dove tutto era proibito.

Era proibito il wi-fi di sera nei luoghi pubblici, per evitare assembramenti. Erano proibite le piste ciclabili, perché in bicicletta si spostano solo i fannulloni. Erano proibite le panchine, per evitare che i nullafacenti possano sedersi tutti nello stesso posto. Era vietato mangiare panini per strada, per non togliere lavoro ai ristoranti. Era vietato tenere i tavoli dei bar in piazza dopo le 23, perché a quell’ora le brave persone vanno a dormire. Erano vietati i negozi etnici, perché potevano diventare un covo di ubriaconi. Era vietato indossare zoccoli perché fanno rumore.

Era vietato baciarsi in pubblico, mangiare il gelato per strada, riunirsi in più di 3 persone nel parco pubblico, fare castelli di sabbia, vendere kebab, sedersi ai bordi delle aiuole, guidare auto extra-cittadine, tagliare l’erba di pomeriggio, girare in costume per il litorale, trasportare merci in borsoni, lasciare aperto il finestrino dell’auto parcheggiata…

E poiché le leggi che vietavano le cose erano state introdotte una alla volta e sempre con una buona ragione, nessuno trovava motivo di lamentarsi o aveva avuto problemi ad adattarsi.

Quando qualche forestiero arrivava in città strabuzzava gli occhi nel vedere tanti divieti, ma quello a cui non poteva proprio credere era che gli abitanti di questa città chiedevano incessantemente nuovi divieti. Perché non vietare di soffiarsi il naso per strada? Oppure di indossare cappelli vistosi? Oppure di ridere facendo troppo rumore? Gli abitanti della città dei divieti andavano davvero pazzi per vietare qualsiasi cosa.

Eppure tutti si riempivano la bocca di una parola di cui avevano dimenticato il significato: libertà. Ebbene sì, gli abitanti della città dei divieti erano fermamente convinti di essere liberi. Infatti, erano liberi di andare allo stadio a vedere la partita, di mettersi in fila per entrare in autostrada, di guardare in televisione il loro programma preferito, di andare in vacanza dal 12 al 19 agosto, di comprare il panettone, di mangiare la pizza. Insomma, come lamentarsi di tanta libertà…

Ma un giorno successe qualcosa che nessuno poteva prevedere. Venne emanato l’ennesimo divieto, passato alla storia come il divieto della domenica. Per ridurre l’inquinamento mentale, era fatto divieto assoluto di andare allo stadio per la partita di calcio domenicale.

Fu allora che la gente si ribellò e uccise molti funzionari, politici e fiancheggiatori del divieto. Poi, senza perdere tempo, tutti ricominciarono ad andare allo stadio.

Ringraziamenti

Si ringraziano i sindaci di Prato, Como, Milano, Sanremo, Lucca, Eboli, Positano, Bolzano, Novara, Forte dei Marmi, Lerici, Firenze, Alghero, etc. etc. per aver fornito l’ispirazione a questa storia, che si rifà anche ad un bellissimo racconto di Italo Calvino.

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