Il mercato dell’acciaio sta attraversando un periodo orribile. Ne sa qualcosa Tata Steel che sta cercando di sbarazzarsi delle sue attività siderurgiche in Europa, tutte in profondo rosso nonostante una gestione responsabile.
Parola d’ordine: arginare l’emorragia di cassa
Anche se la multinazionale indiana non ha impianti produttivi in Italia, non c’è da stare allegri visto che si tratta di un grosso cliente per molti prodotti siderurgici italiani. Inoltre, nel contesto europeo ha un peso rilevante, soprattutto nel Regno Unito e nei Paesi Bassi (Tata UK e Tata Netherlands). Sono proprio queste le due attività che l’azienda vorrebbe scaricare per arginare l’emorragia di cassa di quest’anno.
L’anno scorso Tata Steel doveva fondersi con la ThyssenKrupp, anch’essa in difficoltà. La Commissione Europea aveva però bocciato l’operazione poiché l’unione di due così importanti produttori di acciaio avrebbe dato loro un indebito dominio sul mercato europeo.
Adesso, Tata Steel è rimasta sola e deve trovare velocemente una soluzione. L’idea è di dividere le attività principali per poterle vendere separatamente, visto che un acquirente per tutto non c’è.
In pratica, le attività inglesi e olandesi tornerebbero a come erano e cioè due stabilimenti distinti: la British Steel Port Talbot e la Koninklijke Hoogovens (si erano fuse nel 1999 per formare la Corus).
Sembra che la Tata Netherlands, con il gigantesco impianto siderurgico integrato di IJmuiden, possa interessare alla svedese SSAB. L’impianto di IJmuiden comprende due altiforni con una capacità di 7,5 milioni di tonnellate all’anno e un laminatoio.
Tuttavia, i colloqui a riguardo sono ancora in alto mare.
La solita tentazione degli aiuti di Stato
Per quanto riguarda invece la Tata UK, con l’acciaieria integrata di Port Talbot, di compratori non c’è nemmeno l’ombra. D’altronde qualsiasi compratore è scoraggiato dall’incertezza della Brexit e da come sarà il panorama manifatturiero post-Brexit nel Regno Unito.
Port Talbot è il più grande impianto siderurgico del Regno Unito, con migliaia di lavoratori e l’asse portante dell’occupazione nel Galles meridionale.
Qualcuno invoca già l’assistenza del governo che, se dovesse intervenire, darebbe un forte segnale di quale sarà la politica britannica post-Brexit per quanto riguarda gli aiuti di Stato.
Gli osservatori cominciano a credere che sarà proprio il governo conservatore inglese, tradizionalmente contrario agli aiuti di Stato, ad intervenire per salvare l’impianto siderurgico. Una linea di condotta in aperto contrasto con l’Unione Europea che vorrebbe che il Regno Unito continuasse ad aderire ad un insieme di regole comuni sugli aiuti di Stato anche dopo il divorzio.
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