Deindustrializzazione in Germania. Addio alla prosperità europea?

Il motore economico dell’Europa si sta fermando, trascinando l’intero continente verso la deindustrializzazione.

È passato esattamente un anno dalla pubblicazione di un nostro articolo (“La Germania rischia la deindustrializzazione per la crisi energetica“) che venne accusato di eccessivo pessimismo se non addirittura di catastrofismo.

Purtroppo, quello che sta accadendo in Germania segue un copione già scritto lo scorso agosto anche su questa testata. Il copione è quello delle più grandi aziende tedesche che abbandonano la patria.

BASF taglia 2.600 posti di lavoro e investe in Cina

Prendiamo il caso della BASF, il gigante chimico che è stato un pilastro dell’economia tedesca per oltre 150 anni. Un’azienda che ha contribuito in modo determinante all’ascesa industriale del paese, con enormi investimenti in innovazione e sviluppo che hanno lanciato la Germania alla testa di molti settori industriali.

BASF, fondata nel 1865, si sta drasticamente ridimensionando in Germania e, a febbraio di quest’anno, ha annunciato la chiusura di un impianto di fertilizzanti nella città dove tutto era iniziato, Ludwigshafen. L’operazione ha portato ad un taglio di circa 2.600 tagli di posti di lavoro. L’azienda, lo scorso anno, ha perso 130 milioni di euro.

Ma per la BASF il mondo non finisce in Germania e il suo ultimo investimento da 10 miliardi di dollari in un complesso all’avanguardia per la produzione sostenibile, finirà in terra cinese.

Non c’è più fiducia nelle imprese tedesche

Dopo che l’economia tedesca è scivolata in recessione nel primo trimestre di quest’anno, tutta una serie di sondaggi confermano una profonda sfiducia nel futuro delle imprese tedesche. Mentre i politici si illudono che il paese sia soltanto in recessione tecnica, l’economia tedesca sta strutturalmente invertendo marcia, una manovra che dovrebbe far tremare tutta l’Europa.

La guerra delle sanzioni contro la Russia, la crisi energetica, la carenza di lavoratori e la burocrazia troppo invadente e inefficiente, hanno spinto molte delle più grandi aziende tedesche (Volkswagen e Siemens) ma anche una miriade di aziende più piccole e meno conosciute, ad andarsene dal paese per approdare in Nord America o in Asia. E le aziende che non abbandonano il paese restano purché sia il governo a ripagarle.

I nuovi ordini alle società di ingegneria del paese, sono crollati a maggio del 10% (ottavo calo consecutivo). Il numero di nuovi investimenti esteri in Germania è diminuito nel 2022 per il quinto anno consecutivo, toccando il punto più basso dal 2013.

Dritti, dritti verso il declino economico

Se non accadrà qualcosa di totalmente inaspettato e fortunato, la Germania è irrimediabilmente incamminata verso un profondo declino economico, ma in buona compagnia. Infatti, la crisi industriale in Germania avrà un impatto sostanziale sul resto dell’Unione Europea (UE) visto che molti paesi membri (Italia in prima fila), negli ultimi tre decenni, sono diventati fabbriche dell’industria tedesca.

La deindustrializzazione incombe sull’Europa mentre i funzionari di Bruxelles attribuiscono le colpe alle politiche ingiuste negli Stati Uniti e in Cina, che metterebbero le aziende europee in una posizione di svantaggio. Purtroppo, i problemi sono molto più profondi e non hanno soluzioni facili, soprattutto senza poter disporre del gas russo.

Come molti osservatori avevano chiaramente detto, il muro contro muro con la Russia che ha provocato la perdita del gas naturale a basso costo è equivalso ad una repentina condanna a morte per il sistema industriale tedesco ed europeo.

Un problema gigantesco nel totale disinteresse dell’opinione pubblica

Tutto questo sta avvenendo mentre l’opinione pubblica è beatamente inconsapevole di cosa ci aspetta. Al contrario, chi è in prima linea non si fa troppe illusioni visto gli attuali sviluppi geopolitici che hanno reso chiaro come il modello economico tedesco (con il settore automobilistico che rappresenta quasi un quarto della sua produzione) non sia più garante di prosperità.

A peggiorare le cose ci si è messa anche la trasformazione verde del paese (Energiewende). Proprio quando stava perdendo l’accesso al gas russo, la Germania ha spento tutte le sue centrali nucleari mentre, dopo quasi un quarto di secolo di sovvenzioni alle energie rinnovabili, ci si è resi conto che non ci sono ancora abbastanza turbine eoliche e pannelli solari per soddisfare la domanda di energia. Le conseguenze sono che i tedeschi pagano 3 volte la media internazionale per l’elettricità.

Dulcis in fundo, nonostante l’esodo industriale in corso, i politici tedeschi continuano a negare l’esistenza del problema. Comunque, molto meglio dei politici italiani che il problema non sanno nemmeno che esista. Eppure, l’Italia sarà tra le prime ad essere travolta dallo sconvolgimento del sistema industriale tedesco, con conseguenze che saranno drammatiche soprattutto in regioni come Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, dove il settore manifatturiero è fortemente dipendenti dalle commesse tedesche. Ma questo sarebbe un altro lungo discorso…

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