Crisi dello zinco a Portovesme. La deindustrializzazione è in corso

I lavoratori della fonderia di zinco di Portovesme stanno lottando per far riaprire l’impianto. Ma Glencore non sembra pensarla nello stesso modo.

L’Illva della Sardegna, come qualcuno chiama lo stabilimento di Portovesme della Glencore, sta attraversando un altro momento difficile. Dal 28 febbraio i lavoratori sono mobilitati con proteste che hanno portato quattro di loro a chiudersi in cima ad una ciminiera.

100mila tonnellate di metallo che parlavano italiano

Lo stabilimento, che produceva zinco e piombo, è fermo (ufficialmente in manutenzione) dalla fine del 2021 ed è un’altra vittima della crisi energetica che ha travolto tutta l’Unione Europea (UE). La fonderia di Portovesme ha una capacità produttiva di 100.000 tonnellate all’anno ed è una di quelle attività industriali ad alta intensità energetica.

Lavoratori, politici e sindacati sostengono che la riduzione dei prezzi energetici durante gli ultimi mesi dovrebbero permettere il riavvio della fonderia. Purtroppo, che i prezzi siano scesi rispetto ai picchi toccati lo scorso anno non ha molta importanza dal momento che permangono a livelli ancora insostenibile per chi produce zinco (ma vale lo stesso per la produzione di alluminio).

Le multinazionali delle materie prime non vedono un futuro per la produzione in Europa

Inoltre, anche se si spera che ciò possa non valere per Portovesme, molte grandi aziende stanno abbandonando la produzione di metallo in Europa, considerando che la crisi energetica del nostro continente sia strutturale e, quindi, destinata a durare a lungo. Il gas russo a prezzi economici non tornerà più in Europa e le produzioni europee ad alta intensità energetica hanno il destino irrimediabilmente segnato.

Tanto è vero che l’azienda ha già cominciato a parlare delle possibili opzioni per la riconversione del sito produttivo. Proprio oggi (3 aprile) ci sarà una riunione tra alcuni dirigenti della Glencore e i lavoratori di Portovesme. In ballo ci sono circa 1.500 posti di lavoro.

Le politiche energetiche europee senza gas russo, con GNL acquistato a caro prezzo in giro per il mondo e sbilanciate verso le energie rinnovabili hanno dei costi. La chiusura di Portovesme fa parte, in piccola misura, di questi costi.

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