Per il momento, l’Unione Europea ha sanzionato soltanto i prodotti finiti in acciaio provenienti dalla Russia. Quindi la ghisa, di cui in Italia c’è una grave carenza, è esente.
Tuttavia, gli acquirenti italiani si trovano ad affrontare i problemi legali nei confronti delle banche russe, una questione vitale affinché i fornitori russi possano essere pagati. Purtroppo, le cose non sono chiare e i distributori italiani che devono ricostituire le scorte al porto di Marghera non hanno ancora cominciato ad acquistare la ghisa russa.
Una sola certezza: prezzi più alti
In mezzo a questa confusione c’è una sola certezza. Quella che i prezzi saranno maggiori di quelli che si registravano prima della guerra in Ucraina.
Parlando di prezzi, secondo Kallanish, i produttori russi offrono ghisa a circa 800 dollari per tonnellata (CFR), un prezzo assai vantaggioso rispetto al materiale brasiliano che supera i 1.000 dollari per tonnellata (FOB Brasile), a cui vanno aggiunti circa 90 dollari per il trasporto in Italia. Tanto per avere qualche paragone, gli ultimi acquisti fatti dalla Russia (più esattamente dai paesi CSI) sono stati a circa 610 dollari a tonnellata, una cifra assai inferiore agli 800 dollari che saranno probabilmente il prezzo per i nuovi contratti.
La carenza di ghisa in Italia è grave
I prezzi della ghisa stanno continuando a crescere in tutto il mondo. Per esempio, la scorsa settimana, acquirenti americani hanno pagato 970 dollari (CFR New Orleans) per della ghisa proveniente dal Brasile.
Tuttavia, quello dell’Italia è un caso grave in termini di carenza di materiale. A seguito della guerra in Ucraina, la nostra siderurgia ha perso enormi flussi di importazioni di materie prime. Secondo Siderweb, nell’ultimo triennio abbiamo importato una media di 1,5 milioni di tonnellate dalla Russia e circa 500.000 tonnellate dall’Ucraina. Da questi numeri si stima che la ghisa venuta a mancare ammonti a 1,2 milioni di tonnellate.
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