Petrolio in Italia, una storia tra paradossi e oscurantismi

Grazie a nuove scoperte e a migliori tecnologie, l’Italia si ritrova con più petrolio di quanto non pensasse. Ma gli italiani non vogliono proprio estrarlo!

Tutti i paesi del mondo considerano una enorme fortuna avere petrolio sottoterra o in mare. Ma c’è un’eccezione… l’Italia.

In un paese che vanta riserve certe per 600 milioni di barili (ma almeno altrettante di riserve probabili), le attività estrattive vengono viste con sospetto o addirittura ostacolate in tutti i modi. Tutti vogliono l’insalata a chilometro zero, ma il petrolio è meglio che arrivi da più lontano possibile.

Ciò nonostante, l’Italia non è proprio l’ultima tra i produttori di petrolio in Europa. Siamo al quinto posto dietro la Russia, la Norvegia, il Regno Unito e la Danimarca e, secondo gli ultimi dati aggiornati a febbraio 2019, produciamo 88.000 barili di petrolio al giorno. Per avere un’idea più precisa di cosa questa quantità possa significare nel contesto mondiale, può essere d’aiuto andare a vedere la produzione di petrolio dei paesi più importanti.

In ogni caso, l’Italia non produce proprio una quantità insignificante di petrolio. Gli introiti in termini di royalties per lo stato sono di circa 334 milioni di euro (dati anno 2012, comprensivi dello stoccaggio di gas naturale).

La mappa del petrolio italiano comprende la Sicilia, con Ragusa, Gela e Gagliano Castelferrato. Poi la Basilicata, soprattutto in Val D’Agri. Ma anche la Calabria (zona di Crotone) il Molise, l‘Abruzzo e il Lazio hanno petrolio. Anche se in quantità minori, c’è oro nero in provincia di Ravenna (Porto Orsini), in Lombardia, in Veneto e in Piemonte. Infine, esistono giacimenti di una certa importanza in tutto l’Adriatico.

Il petrolio c’è, ma non viene estratto

Come accennato, siamo un paese di paradossi, anche nel settore energetico. La produzione nazionale di idrocarburi copre attualmente circa il 7% del fabbisogno nazionale (gas naturale e petrolio).

Perciò, il paese è costretto a importare circa l’85% del fabbisogno di energia primaria. Questo ci colloca al quarto posto fra i maggiori importatori di gas a livello mondiale e al settimo posto per il greggio (2011). Sempre per avere dei confronti, gli altri paesi europei hanno un deficit energetico intorno al 53%, circa 30 punti meglio dell’Italia.

Ma il paradosso è che siamo tra i primi paesi d’Europa nella produzione di petrolio e gas. In Basilicata, abbiamo il più grande giacimento su terraferma d’Europa, che contribuisce al 75% del nostro oro nero prodotto.

Fra petrolio e gas, la produzione italiana, in percentuale sul fabbisogno, potrebbe raddoppiare entro pochi anni se solo ci fosse una forte volontà politica. Tra l’altro questo potrebbero contribuire in modo significativo alla ripresa degli investimenti in Italia.

Prospettive grigie, tra indifferenza e slogan per ignoranti

Purtroppo, la produzione di petrolio In Italia è frenata da una serie di ostacoli. A parte un clima politico sfavorevole al settore e un’opinione pubblica disinformata e facile preda di chi promette energia verde per salvare il pianeta, esiste un naturale declino dei giacimenti maturi.

La recente moratoria contro le trivellazioni (Decreto Semplificazioni), fortemente voluta dal Movimento 5 Stelle, potrebbe essere un colpo mortale per il settore oil&gas del nostro paese. Qualcosa di abbastanza inspiegabile agli occhi degli osservatori esterni che non si spiegano come, per esempio, l’Italia non voglia sfruttare le importanti risorse di metano sotto la tavola di sabbia che forma il fondale dell’Adriatico, mentre i suoi vicini (Croazia e Albania) continuano a trivellare alla ricerca di petrolio e gas.

Forse, l’oscurantismo della classe politica italiana circa i temi energetici è in realtà il riflesso di un paese molto ignorante su tutto ciò che riguarda l’energia e le risorse naturali. Un paese dove l’imposizione ideologica ha ancora la meglio sul progresso, con risultati sempre più evidenti in un’economia in costante declino.

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