Il 2024 si profila come un anno movimentato per i mercati delle materie prime secondo le previsioni di Goldman Sachs. La grande banca d’investimento americana prevede un aumento dei prezzi delle materie prime fino al 15%, grazie soprattutto ai tagli dei tassi di interesse da parte delle banche centrali.
Gli analisti di Goldman Sachs ritengono che i tagli dei tassi di interesse contribuiranno a stimolare la domanda di materie prime, in particolare da parte delle industrie manifatturiere e dei consumatori. Questo scenario dovrebbe avere la meglio sui rischi geopolitici esistenti e sarebbe una prova della resilienza del settore delle materie prime alle turbolenze globali.
Vento favorevole per l’alluminio, il rame, l’oro e il petrolio
In particolare, i principali candidati ad aumentare di valore nel corso dell’anno sono il petrolio e metalli come l’alluminio, il rame e l’oro. Infatti, queste commodities saranno molto favorite dai tagli dei tassi di interesse.
È interessante notare che l’impatto positivo sui prezzi delle commodities sopra menzionate tenderà ad aumentare nel tempo, poiché migliori condizioni finanziarie daranno un impulso progressivo alla crescita. Pertanto, anche se la Federal Reserve americana (FED) ha mostrato una certa riluttanza nel procedere con i tagli dei tassi di interesse, Goldman Sachs crede che le 3 riduzioni dei tassi attese per quest’anno sosterranno il rally dei prezzi delle materie prime.
L’enorme influenza della FED
Goldman Sachs ha già rivisto al rialzo le sue previsioni sul prezzo del petrolio, così come l’Agenzia Internazionale per l’Energia che ha recentemente corretto verso l’alto le sue previsioni sulla domanda di greggio, a causa della situazione del Mar Rosso che ha generato una domanda aggiuntiva di combustibili.
In questo contesto, Goldman Sachs suggerisce che il prezzo del petrolio potrebbe addirittura superare i 100 dollari al barile nel corso dell’anno, sostenuto da una forte domanda e da un rallentamento dell’offerta da parte dei produttori non OPEC.
Nel nostro secolo, anche il destino dei metalli industriali, tradizionalmente meno legati ai mercati finanziari come invece è sempre accaduto per l’oro, è deciso a Washington (dove ha sede il Board of Governor della FED).
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