Dopo il rally di oltre il 30% da inizio anno, i prezzi del petrolio potrebbero strappare verso l’alto nelle prossime settimane. Infatti, tutta una serie di fattori rialzisti sul fronte dell’offerta, potrebbe spingere i prezzi ancora più in alto rispetto ai livelli attuali.
L’evoluzione di diversi eventi geopolitici nelle prossime settimane, potrebbe far volare il petrolio. Inoltre, in un contesto di restringimento dell’offerta globale, i prezzi saranno assai vulnerabili a qualsiasi improvvisa interruzione degli approvvigionamenti.
Libia, Iran o Venezuela. Dove si accenderà la miccia dei nuovi rialzi?
Gli esperti hanno avvertito che il mercato petrolifero rischia gravi interruzioni dal lato dell’offerta. La crisi potrebbe scatenarsi o in Iran o in Venezuela o in Libia.
Qualcuno teme soprattutto quello che succederà in Libia, dove il il generale Khalifa Haftar ha ordinato al suo esercito (Libyan National Army) di marciare sulla capitale Tripoli. Il sedicente esercito si è scontrato con le truppe del governo appoggiato dall’ONU e il confronto armato potrebbe degenerare e interrompere, ancora una volta, la produzione petrolifera e le esportazioni della Libia.
Ma non c’è da star tranquilli neanche per quanto sta accadendo in Iran. Le sanzioni statunitensi contro il petrolio iraniano potrebbero presto coinvolgere anche chi compra petrolio dall’Iran, compresi paesi fino ad oggi esentati. Tra questi anche l’Italia.
Dall’altra parte del mondo, in Venezuela, gli Stati Uniti stanno rafforzando progressivamente le sanzioni contro il regime di Nicolas Maduro. Queste sanzioni, sommate a quelle contro l’Iran e alla guerra civile in Libia, rischiano di far esplodere i prezzi del petrolio. Per evitare questa possibilità, gli Stati Uniti potrebbero decidere di allentare le sanzioni.
Il grosso rischio di un picco dei prezzi
Secondo Bank of America Merrill Lynch, il rischio di un picco del prezzo del greggio è significativamente più alto di quanto suggeriscono i mercati finanziari. La crescita di quasi il 40% del petrolio dal minimo di dicembre ha permesso sia al WTI che al Brent di recuperare parte delle perdite registrate tra ottobre e dicembre dello scorso anno.
Inoltre, l’Arabia Saudita e molti altri produttori dell’OPEC hanno bisogno di prezzi del petrolio superiori agli 80 dollari al barile e difficilmente si accontenteranno di soli 70 dollari al barile (oggi, 26 aprile, il Brent quota 71,58 dollari).
Come dice il Commodity Strategy di Saxo Bank, in un simile contesto, l’offerta di petrolio nei prossimi mesi sarà bassa, mantenendo la spinta verso prezzi più alti, almeno fino a quando le preoccupazioni circa l’impatto negativo sulla crescita globale non avranno il sopravvento.
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