Era il 1914 e Ulrich Buscher, dopo una lunga carriera come scrittore ed editore di successo, era pronto per andare in pensione. Pensava anche di avere risparmi sufficienti per mantenersi.
Nel posto sbagliato, nel momento sbagliato…
Sfortunatamente, Ulrich si trovava nel posto sbagliato, nel momento sbagliato per poter confidare nella pensione. Viveva infatti in Germania.
La Germania, in quegli anni, pagava per le sue enormi spese militari per la Prima Guerra Mondiale (1914-1918) quasi interamente indebitandosi. Il totale del debito era di circa 45 miliardi di dollari, equivalenti a oltre 1 bilione di dollari dei giorni nostri. Ma, secondo l’imperatore Guglielmo II, la conquista di vaste aree di territorio ricco di risorse in Francia e in Belgio avrebbero largamente compensato tutti i debiti.
Come sappiamo, però, le cose non andarono secondo i piani della Germania. Quando il paese capitolò nel 1918, la pensione di Ulrich Buscher valeva molto meno di quanto non fosse stato solo quattro anni prima. In quel periodo, il marco tedesco perse il 50% del suo valore, passando da 4,2 a 7,9 marchi per un dollaro.
L’iper-inflazione
Ma quello era solo l’inizio. Alla fine del 1919, il tasso di cambio con il dollaro si abbassò a 48:1. Entro la prima metà del 1921, era 90:1 e, alla fine del 1922, precipitò a 7.400:1. La Germania stava vivendo l’iper-inflazione.
All’inizio del 1922, Ulrich poteva comprare una pagnotta di pane per 160 marchi. Ma alla fine del 1923, quella stessa pagnotta costava 200 miliardi di marchi. Nel frattempo, il tasso di cambio del dollaro era crollato a 4.210.000.000.000:1.
A quei tempi, molti economisti tedeschi insistevano che il problema non era l’inflazione ma una carenza di moneta circolante. E, per far fronte a questa carenza, le rotative dello stato funzionavano ininterrottamente, per produrre più banconote.
Per Ulrich Buscher e la sua pensione, l’iper-inflazione tedesca non prometteva nulla di buono. Ritirando dalla banca tutti i suoi risparmi, 100.000 marchi, comprò l’oggetto più costoso che poteva permettersi: un biglietto della metropolitana.
Gli economisti moderni attribuiscono la causa dell’iper-inflazione tedesca agli sforzi del paese per estinguere il suo debito di guerra, oltre agli enormi risarcimenti dovuti ai vincitori della guerra. La Germania aveva però abbandonato il gold standard nel 1914 e il denaro che il Ministero delle Finanze tedesco aveva ordinato di stampare non era supportato da nulla. Per ripagare il debito di guerra, la Germania stampava semplicemente più marchi e li convertiva in valuta straniera. Una pratica che ha infiammato l’inflazione.
In gran parte, a causa degli effetti catastrofici dell’iper-inflazione, la Germania imboccò la strada della polarizzazione politica e, un decennio più tardi, un certo Adolph Hitler prese il potere. Sappiamo tutti cosa è successo dopo.
Una tentazione ancora in voga: stampare denaro per pagare le spese
Oggi, ci sono sempre più politici che vorrebbero finanziare le nuove spese facendo aprire allo Stato il rubinetto dei soldi. In altre parole, prendendo a prestito tutto ciò che si vuole, senza preoccuparsi di deficit o inflazione. Semplicemente stampando denaro, lo Stato può pagare i propri obblighi finanziari.
Dopo tutto, dal momento che il mondo ha abbandonato il gold standard nel 1971, lo Stato può letteralmente creare tanti soldi quanti ne vuole, dal nulla. E lo Stato che emette la propria valuta può sempre pagare le sue spese con i soldi che crea.
Quindi, è assolutamente vero che lo Stato può stampare tutti i soldi che vuole e, se non ci saranno investitori disposti ad acquistare il debito statale, sarà lo Stato medesimo, tramite la Banca Centrale, a comprarlo. Insomma, tutto bene nel breve termine, soprattutto in uno scenario deflattivo, come quello che sta attualmente attraversando l’economia globale.
Ma cosa succede nel lungo termine, quando l’inflazione comincia a rimbalzare? In questo caso, non resta che ricordarci di Ulrich Buscher…
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