Dalla Cina arrivano segnali positivi per il ferro grazie anche alle speranze che gli allentamenti monetari possano stimolare la domanda interna.
Prezzi ai massimi dallo scorso 31 agosto
In un contesto di crescente ottimismo, i prezzi del minerale di ferro (62% di purezza), secondo Fastmarkets MB, sono saliti a 147 dollari a tonnellata alla fine della scorsa settimana. Si tratta di un aumento del 5,7% in un solo giorno. Inoltre, al Dalian Commodity Exchange il contratto più scambiato sul ferro (quello di maggio) ha toccato i massimi dal 31 agosto scorso.
Sul fronte dell’offerta, ci sono nuovi problemi in Australia per la carenza di manodopera causata dal coronavirus. L’allarme, che ha gettato altra benzina sul fuoco dei prezzi, è stato lanciato sia da Fortescue Metals Group e sia da BHP Group e Rio Tinto.
Non è un fuoco di paglia
Sembra sempre più chiaro che il rimbalzo dei prezzi non sia un fuoco di paglia e che rifletta invece le mutate condizioni del mercato. S&P Global Platts prevede che la produzione cinese aumenterà nella prima metà del 2022, prima di diminuire nel secondo semestre.
Come noto, la Cina si è posta ambiziosi obbiettivi per ridurre le emissioni di CO2 e il governo cinese sembra proprio fare sul serio a riguardo. Lo conferma anche una recente notizia circa l’arresto di 47 funzionari di aziende siderurgiche per aver falsificato i dati sull’inquinamento atmosferico. I funzionari sono stati condannati a pene detentive da sei a diciotto mesi. Tuttavia, il presidente Xi Jinping ha recentemente affermato che “ridurre le emissioni non significa ridurre la produttività e non significa non emetterne affatto“.
Ecco perché sono tornate con forza le speranze di una ripresa della domanda di materie prime. Secondo gli analisti di ING Group, il fenomeno diventerà più visibile dopo febbraio, quando le Olimpiadi Invernali di Pechino saranno terminate.
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