Sono stati mesi ruggenti quelli appena trascorsi per il piombo.
Dopo la grande corsa verso l’alto del 2016, a dicembre i prezzi si sono indeboliti, offrendo a tutti gli acquirenti una grande opportunità di acquistare metallo a condizioni vantaggiose. Ma la frenata è durata poco e il mercato ha ripreso a correre verso nuovi massimi (2.280 dollari a tonnellata per il contratto a 3 mesi, a inizio marzo).
E nulla lascia intendere che il rally sia finito, anzi…
Secondo l’International Lead and Zinc Study Group, nel 2016, le forniture di piombo raffinato hanno superato la domanda di 11.000 tonnellate. In pratica, il mercato ha quasi raggiunto l’equilibrio e qualcuno inizia a parlare di un deficit per quest’anno.
Infatti, la produzione delle miniere nel mondo è in costante declino e, anche se sul mercato del piombo raffinato il deficit non è ancora visibile, la diminuzione del piombo prodotto dalle miniere è proseguita anche nel 2016.
In Australia, per esempio, la Glencore ha tagliato 100.000 tonnellate di piombo, anche se parzialmente compensate da un aumento della produzione cinese.
Le spese che le fonderie sostengono per trasformare la materia prima in metallo raffinato, sono un buon indicatore di ciò che sta accadendo nella catena delle forniture. Negli ultimi mesi, queste spese di trasformazione sono crollate: 20 dollari per tonnellata contro gli 80 dollari di appena tre mesi fa. Ciò, insieme al fatto che la Cina dovrà fare sul serio dei controlli stringenti sulla produzione metallurgica per risolvere i suoi problemi di inquinamento, potrebbe tradursi in minori forniture di piombo raffinato nel 2017. In pratica, è solo questione di tempo affinché la stretta sulle materie prime arrivi anche sul metallo raffinato.
Tutte queste ragioni, portano gli investitori a scommettere a occhi chiusi sul piombo, nell’attesa che i prezzi arrivino a 2.800 dollari entro la fine di quest’anno.
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