I prezzi del ferro non obbediscono al governo cinese. E saliranno ancora…

In Cina, il mercato siderurgico sembra è tutt’altro che tranquillo e i prezzi del ferro non ne vogliono sapere di fermarsi.

Il governo cinese sembra sbalordito e sempre più preoccupato per il boom dei prezzi del minerale di ferro, tanto da mettere in atto nuove misure per tentare di fermare la corsa al rialzo.

Tuttavia, secondo gli analisti di Morgan Stanley, i solidi fondamentali della domanda e dell’offerta renderanno vani i provvedimenti governativi e porteranno i prezzi del ferro ancora più in alto, con ogni probabilità verso i 175 dollari per tonnellata.

+70% in poche settimane

I prezzi sono cresciuti negli ultimi mesi in modo prepotente, dagli 87 dollari di novembre ai 153 dollari della scorsa settimana (+70%). Perciò, il governo cinese ha accusato i traders di diffondere false informazioni ed ha raddoppiato le commissioni per le transazioni al Dalian Commodity Exchange, raggelando momentaneamente i prezzi (-9%).

Tutto questo trambusto sembra scatenato dalla ripresa della domanda cinese di acciaio, a sua volta provocata dal taglio dei tassi di interesse che alimentano le aspettative di nuovi investimenti in infrastrutture e nell’immobiliare, dopo il rallentamento del secondo semestre dello scorso anno. La Cina aveva ridotto significativamente la produzione di acciaio nella seconda metà del 2021 per soddisfare alle severe normative sulle emissioni inquinanti, producendo comunque oltre un miliardo di tonnellate di acciaio.

Tre tentativi falliti di frenare i prezzi

Ma, come accennato, i tentativi di fermare i prezzi sembrano destinati al fallimento. Secondo Morgan Stanley, nel corso degli ultimi 15 mesi ci sono stati altri 3 tentativi da parte delle autorità cinesi di provocare una svendita del minerale di ferro, ma sono tutti falliti. Mentre con il carbone termico gli interventi governativi erano riusciti a fermare i prezzi fuori controllo, con il ferro sembra tutta un’altra storia.

Probabilmente, il motivo sta nel fatto che il carbone, per il 93%, proviene da fonti locali mentre il ferro, per almeno l’80%, proviene dall’estero (dall’Australia e dal Brasile). Tra l’altro, la forte dipendenza cinese dal ferro australiano, in un momento in cui c’è una specie di guerra fredda diplomatica tra i due paesi, crea un forte senso di frustrazione nei funzionari del Partito Comunista cinese.

Anche la potente macchina statale cinese nulla può contro le forze di mercato che stanno spingendo i prezzi del ferro verso i massimi dello scorso anno.

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