Materie prime alla riscossa. Un bene o un male?

La forte ripresa delle materie prime in tutto il mondo è un buon segno per l’economia, anche se per molte aziende ciò significa una significativa erosione dei margini.

Anche se molti sono stati colti di sorpresa, la ripresa del mercato delle commodities è un segnale positivo per tutta l’economia globale.

Il rally delle materie prime, soprattutto metalli ed energia, ha coinciso con una ripresa globale dopo nove anni dall’inizio della crisi finanziaria mondiale. È stato il settore manifatturiero a innescare la nuova domanda di materie prime, in un momento di cui le forniture non erano abbondanti e la produzione aveva subito numerose razionalizzazioni per far fronte a prezzi decrescenti.

Dopo sei anni di chiusure di miniere, tagli e ristrutturazioni, la domanda è arrivata. E con essa è tornato il sorriso sulla bocca dei dirigenti di miniere e impianti del settore che rivedono l’ampliamento dei margini aziendali e il miglioramento dei flussi di cassa grazie ai prezzi in salita.

Per esempio, Eivind Kallevik, CFO della norvegese Norsk Hydro, quinto produttore di alluminio del mondo, ha recentemente evidenziato che un aumento del 10% del prezzo al London Metal Exchange (LME) aumenta il flusso di cassa sottostante di Norsk Hydro di 354 milioni di dollari all’anno.

Le previsioni per le materie prime sono ampiamente positive per l’anno in corso, soprattutto per il settore energetico

Le previsioni per le materie prime sono ampiamente positive per l’anno in corso, soprattutto per il settore energetico. La Banca Mondiale prevede forti guadagni per l’energia e le materie prime industriali nel 2017. A dicembre, Goldman Sachs, il più grande rivenditore commodities di Wall Street, ha raccomandato di sovrappesare le materie prime per la prima volta in quattro anni.

Naturalmente, per ogni venditore che ride c’è un compratore che piange.

Dal punto di vista dei compratori di materie prime, la nuova situazione di mercato comporta lo schiacciamento dei margini per chi non riesce a trasferire sul cliente i costi aggiuntivi. Inoltre, le cose si sono particolarmente complicate a causa delle mutevoli dinamiche di mercato.

La relazione inversa tra il dollaro americano e le materie prime, dopo molti decenni, sembra essersi rotta. Secondo gli analisti di Citigroup, questo rapporto si è rotto alla fine del 2016, come si può notare dal Goldman Sachs Commodity Index salito del 9%, contro il dollaro aumentato del 7% nei confronti delle altre principali valute. È stato il primo trimestre in più di un decennio a vedere una divergenza tanto considerevole rispetto a quanto accaduto in passato.

Inoltre, gli analisti del settore avvertono che i guadagni non saranno generalizzati su tutte le materie prime e che la volatilità aumenterà. Le politiche cinesi per gestire la crescita del paese su nuove basi, l’aumento dei tassi di interesse negli Stati Uniti, un dollaro più forte e le nuove politiche fiscali e commerciali di Donald Trump, sono tutti fattori che hanno un forte potenziale di shock per i prezzi.

Nel 2017, per gli investitori, le materie prime saranno senza dubbio al centro della scena, ma attenzione a non perdere d’occhio il contesto economico e finanziario globale: avanti tutta ma con gli occhi bene aperti!

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