L’Africa flagellata dal crollo delle materie prime

Il continente africano, forziere di molte risorse naturali e minerarie del pianeta, è stato colpito duramente dal crollo dei prezzi delle materie prime. Molti gli sforzi per arginare gli effetti negativi sull’economia ma con risultati assai diversi da paese a paese.

Nei decenni d’oro delle materie prime, quando i prezzi conoscevano soltanto la strada della salita, molti governi africani hanno intrapreso programmi d’investimento grandiosi ma completamente slegati dalle reali condizioni delle loro economie.

Erano gli anni del boom delle esportazioni, gli anni ’70 e ’80 soprattutto, che garantivano fiumi di denaro che entravano nelle casse statali. Ma la fine del ciclo espansivo delle materie prime e il crollo verificatosi dopo il 2009 ha trovato molti paesi africani completamente impreparati. Inoltre, solo pochi di loro hanno colto l’occasione per diversificare la propria economia per garantirsi un futuro migliore, tutti gli altri hanno continuato imperterriti in politiche economiche insostenibili dal nuovo ciclo di mercato, restando completamente in balia delle oscillazioni dei prezzi.

La fluttuazioni delle quotazioni di commodities come petrolio, rame, alluminio, carbone, oro, cacao, solo per citarne alcune, hanno reso temporaneamente ricchi alcuni produttori e impoverito altri.

Naturalmente, la distribuzione delle risorse naturali in Africa non è uniforme, così come le politiche economiche dei governi. Per esempio, alcuni paesi sono importatori di petrolio e, quindi, beneficiano dei prezzi discendenti, altri hanno differenziato le proprie esportazioni e non dipendono soltanto da un singolo prodotto.

La fluttuazioni delle quotazioni delle commodities hanno reso temporaneamente ricchi i  alcuni produttori e impoverito altri

Nello specifico, produttori di petrolio come l’Angola e la Nigeria sono stati duramente colpiti dal crollo dell’oro nero, con entrate dello Stato scese del 50%. Tutto il petrolio prodotto è destinato all’esportazione, con bassissimi consumi interni e quindi completamente dipendente dalle fluttuazioni della domanda estera. In Nigeria il petrolio rappresenta attualmente circa il 70% delle entrate del governo e circa il 90% delle entrate in valuta estera.

L’Africa è un continente ricco ma povero, poiché non ha ancora imparato a sfruttare da sola le vaste risorse naturali e minerarie, ne tantomeno a gestirle.

Probabilmente, una delle strade per uscire da questa contraddizione è la diversificazioni delle economie locali. Ruanda, Uganda, Tunisia e Marocco rappresentano un buon esempio di diversificazione nel settore dell’agricoltura.

Interessante anche il caso dei successi registrati dalla Tanzania e dall’Etiopia, con piani di sviluppo più statalisti e relativamente chiusi agli investitori esterni, motivo per il quale le economie di queste nazioni sono risultate meno soggette agli umori del mercato mondiale e con una minor fuori uscita di capitali rispetto a paesi più integrati con l’economia globale.

Così come il Mozambico, travagliato da una guerra civile dal 1977 al 1992, diventato una delle storie di successo dell’Africa. Secondo la Banca Mondiale, il paese ha raggiunto un tasso di crescita medio annuo del 7,5%, ininterrotto dal 2005, attirando investimenti esteri sulle sue materie prime, soprattutto alluminio e carbone.

Naturalmente, la tempesta sul mercato delle materie prime ha comportato anche una trappola valutaria per molti paesi, che hanno affrontato il problema con politiche monetarie differenti. Mentre l’Angola ha svalutato la propria moneta, Zambia, Ghana, Uganda e Kenya hanno mantenuto le valute sostanzialmente stabili. Tuttavia, le pressioni del mercato su alcune valute, come nel caso della Nigeria, sono sempre più forti.

La strada da fare per irrobustire le economie di molti paesi dell’Africa, ottimizzando le risorse naturali e minerali,  è ancora lunga e difficile ma, certamente, non può prescindere dalla realizzazione di infrastrutture, come strade, ospedali, forniture di acqua potabile e servizi igienico-sanitari. Tutti interventi che possono migliorare la produttività e attirare gli investitori stranieri, oltre che migliorare la qualità della vita dell’intera popolazione.

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