La sacerdotessa dei paradisi fiscali: Caroline Doggart

Una donna del tutto sconosciuta al grande pubblico ma che era considerata il guru dei paradisi fiscali da tutti i più importanti personaggi del mondo dell’economia, della finanza, della politica e anche dello spettacolo.

La storia dei paradisi fiscali è ricca di leggende, miti, intrighi e storie che per i comuni mortali è possibile conoscere approssimativamente solo attraverso alcune ricostruzioni cinematografiche.

Ma esiste qualcuno che dei paradisi fiscali potrebbe scrivere l’enciclopedia, qualcuno il cui amore per i più piccoli dettagli della regolamentazione fiscale ha incantato tutte le più importanti multinazionali del globo, qualcuno che se esistesse l’università della finanza offshore non potrebbe che esserne il rettore a pieno titolo, qualcuno che sull’argomento ha scritto un best-seller con più di undici edizioni e tradotto in cinque lingue.

Questa persona è una donna, la cui carriera è diventata una leggenda in tutti gli ambienti finanziari ed economici internazionali: Caroline Doggart.

Nata a Utrecht, in Olanda, ha studiato alla Girton College di Cambridge, dove si è laureata nel 1962 in economia e diritto e all’Imperial College di Londra. Ha iniziato la sua carriera alla Economist Intelligence Unit e nel 1970 ha scritto il best-seller Tax Havens and their Uses. Da Grand Cayman alla piccola isola di Minerva, nell’Oceano Pacifico, ha trascorso la sua carriera in viaggio alla scoperta di tutto ciò che fa funzionare un paradiso fiscale. Ha lavorato per importanti compagnie di navigazione e per catene alberghiere internazionali, alla ricerca del posto migliore dove aprire società sussidiarie per avvantaggiarsi di una miglior fiscalità, portandola a studi approfonditi sulle Antille Olandesi e sulla Svizzera. Allo stesso tempo ha lavorato su un importante progetto parte del Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite per valutare come i piccoli paesi ddi alcune zone sottosviluppate potessero far crescere le loro economie, viaggiando in Botswana e Vanuatu.

La sua tesi, oggi universalmente accettata, è che diventare un paradiso fiscale è un modo per i piccoli paesi di farsi carico del proprio destino

Caroline Doggart è stata in quasi tutti i paradisi fiscali del pianeta. Ha raggiunto anche l’isola di Minerva, l’unico paradiso fiscale sott’acqua, esistita come nazione indipendente per pochissimo tempo.

La sua tesi, oggi universalmente accettata, è che diventare un paradiso fiscale è un modo per i piccoli paesi di farsi carico del proprio destino. È un modo di sopravvivere per quelle piccole isole che avrebbero come alternativa la povertà o il ricevere sovvenzioni da parte di qualche stato più ricco. È un modello di sviluppo che fonda le proprie basi nell’offrire un regime fiscale favorevole alla clientela internazionale ed in cambio attrarre investimenti, creare posti di lavoro e far crescere il reddito locale.

Ma Caroline Doggart ha sempre sottolineato come i paradisi fiscali abbiano due facce, una più conosciuta e legata all’elusione fiscale e l’altra contraddistinta dall’infiltrazione di organizzazioni criminali che sono interessate soprattutto al riciclaggio di denaro di provenienza illegale. È stata testimone in prima persona, denunciandolo, del traffico di droga in Giamaica, nei primi anni ’80, quando nelle piantagioni di banane lasciate marcire e finanziate dalla Banca Mondiale, venivano coltivati ettari ed ettari di marijuana destinata all’esportazione.

Anche se l’abuso dei paradisi fiscali da parte della criminalità organizzata rappresenta un grave rischio per l’economia globale, Caroline Doggart è sempre stata critica verso l’approccio dell’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico), del FMI (Fondo Monetario Internazionale), dell’Unione Europea e del G8 che hanno scomunicato e redatto una lista nera dei paradisi fiscali. Una politica da “tromboni” non è una risposta ne logica ne efficace ad un fenomeno che continuerà ad esistere fino a quando le tasse non verranno pagate in tutto il mondo nella stessa misura.

A partire dal 1970 ha avuto anche un grosso successo di pubblico, fino ad allora totalmente all’oscuro di cosa fosse un paradiso fiscale, grazie al suo libro Tax Havens and their Uses, ancor oggi considerato un testo di riferimento per gli esperti del settore. È a pieno titolo considerata la sacerdotessa dei paradisi fiscali, riconosciuta da tutto il mondo finanziario e dal jet-set internazionale. È stata la consulente fiscale, tra gli altri, di rock stars famose come i Rolling Stones, Ringo Starr, Freddie Mercury e David Bowie.

Ma la sua opinione sugli emigranti in cerca di paradisi fiscali è sorprendente, per chi come lei ha trascorso gran parte della sua vita a fare trekking tra un paradiso fiscale e l’altro: “Le persone che emigrano verso paradisi fiscali dove non hanno alcune radici, sono pazze. Non si tratta di evasione fiscale ma di lasciare amici, famiglia, cultura e abitudini alimentari. E nessuna isola delle Cayman potrà ripagarli per tutto quello che lasciano!

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