La nuova crisi dell’Europa parla italiano

Una nuova crisi potenziale si profila in Europa. L’enorme debito delle banche e dello stato italiano reggerà alla possibile bocciature delle riforme nel paese?

Non succede spesso che l’Italia sia al centro dell’attenzione dei commentatori economici internazionali.

Infatti la nostra economia, nel contesto globale, ha perso parte della sua importanza del passato, mentre nuovi paesi sono arrivati sul palcoscenico dell’economia che conta. Tuttavia, quando si parla di debito, il Bel Paese è sempre tra i protagonisti.

Così come in questi giorni, dove si profila all’orizzonte un’altra crisi nel contesto europeo. Il referendum sulla necessità o meno di cambiare la costituzione del paese si è trasformato in un voto a favore o contro il Presidente del Consiglio, Matteo Renzi. La posta in gioco sono i disordini politici che potrebbero verificarsi nel caso le riforme vengano respinte, favorendo l’euroscettico Beppe Grillo.

Il contesto italiano, nel quale la crisi finanziaria globale ha zavorrato le banche italiane di 360 miliardi di euro di crediti inesigibili, è tra i più favorevoli ad un terremoto finanziario. A peggiorare le cose, 170 miliardi di euro di questo debito sono in mano a privati e sembra abbastanza improbabile che, qualsiasi governo interverrà per salvare i risparmi degli elettori, lo farà ignorando le regole dell’Unione Europea e provocando una spaccatura con Bruxelles.

È l’Italia il paese più malato d’Europa, con una crescita economica stagnante e la crescita dei consensi delle politiche populiste

È l’Italia il paese più malato d’Europa, con una crescita economica stagnante e la crescita dei consensi delle politiche populiste. Così come già accaduto negli Stati Uniti e nel Regno Unito, l’elettorato preferisce votare contro le cose che non piacciono, piuttosto che prendere atto di una realtà spiacevole ma che, prima o poi, bisognerà affrontare.

Pragmaticamente, i maggiori investitori si sono già preparati ad affrontare i due scenari possibili dopo il referendum italiano.

Nell’ipotesi in cui il referendum bocci le riforme costituzionali, nel breve termine, i titoli delle banche italiane andranno in svendita. Inoltre, ci saranno forti vendite sui titoli di Stato italiani, con un conseguente aumento dei costi per il governo per raccogliere nuovi fondi. I rendimenti dei titoli di Stato italiani, che si muovono nella direzione opposta al prezzo, sono in aumento già da questa estate e, attualmente, sono a circa il 2%

Nel caso invece vinca Renzi, quest’ultimo ne uscirebbe rafforzato per far passare le riforme costituzionali per tagliare i costi della politica, riducendo il numero di senatori, sindaci e consiglieri regionali, oltre che accelerare il processo legislativo. Qualcosa che gli investitori giudicano un bene per le prospettive a lungo termine dell’Italia.

Non ci sono dubbi che, in entrambi gli scenari, i grandi investitori internazionali se la caveranno bene. Purtroppo, è abbastanza difficile credere che sarà la stessa cosa anche per la maggior parte degli italiani.

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