La discesa delle materie prime: il caso dell’Angola

Un’economia che sembrava invincibile durante il boom delle materie prime, riscopre tutte le sue debolezze con il crollo dei prezzi del petrolio.

Non è uno di quei paesi che, nel bene o nel male, occupa tanto spesso le cronache internazionali.

Anzi, per la maggior parte dei mass-media, potrebbe proprio non esistere, data l’assenza di attenzione rivolta a questa ex-colonia portoghese  tra la Repubblica Democratica del Congo, lo Zambia e la Namibia.

Eppure l’Angola è stata una delle economie a più rapida crescita al mondo. Nel 2008, grazie alle abbondanti risorse naturali del paese, l’economia stava crescendo ad un sorprendente ritmo del 14% e, in quel periodo, il secondo più grande produttore di petrolio dell’Africa sub-sahariana attirò ingenti investimenti per l’ampliamento della produzione di petrolio e per la ricostruzione delle infrastrutture distrutte dalla lunga guerra civile, terminata nel 2002.

Luanda, la capitale del paese, era diventata la città più cara del mondo per gli espatriati di tutto il mondo che ci vivevano (“Vivere a Luanda, la città più costosa del mondo“).

Il declino dei prezzi del greggio ha gravemente compromesso l’economia del paese

Tuttavia, l’economia dell’Angola era, ed è, altamente vulnerabile agli shock dei prezzi del petrolio. Infatti, il settore dell’oro nero determina il 45% del PIL del paese e il 95% di tutte le sue esportazioni. Secondo il Fondo Monetario Internazionale (FMI), più dei tre quarti delle entrate pubbliche sono generate dal petrolio.

Il declino dei prezzi del greggio ha gravemente compromesso l’economia del paese e oggi le previsioni di PIL vengono costantemente riviste al ribasso. L’economia è prevista in crescita del 3,1% per quest’anno e del 4,3% nel 2017. Ma gli osservatori più attenti credono però che se la crescita di quest’anno arriverà all’1% sarà già un grande successo.

Il governo cerca di fare quello che può, dando mano a sostanziosi tagli alla spesa pubblica e ritardando i pagamenti ai fornitori.

L’inflazione è in aumento. I tassi di interesse sono saliti cinque volte durante l’anno scorso. La banca centrale, il Banco Nacional de Angola (BNA), ha aumentato i tassi anche nel 2016 per sostenere la moneta locale (Kwanza) e per proteggere il calo delle riserve in valuta estera, diminuite di circa un terzo dal 2013 e sufficienti per coprire circa sette mesi di importazioni. I tassi di cambio tra il mercato ufficiale e il mercato nero continuano a registrare un crescente divario.

Come se non bastasse, un altro grosso guaio sta travolgendo il paese. Sta scoppiando infatti la bolla immobiliare a Luanda, con i prezzi degli affitti che sono crollati e con un grave eccesso di uffici e spazi residenziali. Il calo del settore immobiliare porterà di conseguenza a sofferenza i prestiti concessi da molte banche.

Certamente saranno tempi difficili quelli che attendono il paese nei prossimi anni, soprattutto se non riuscirà a rafforzare e a diversificare la propria economia, magari puntando sull’agricoltura e sulla produzione, trasporto e distribuzione di energia.

Per capire fino in fondo le conseguenze di quanto sta avvenendo sul mercato internazionale delle materie prime, basta fare un viaggio in Angola

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