Esiste un paese nel mondo dove la crescita della produzione di petrolio, nel corso degli ultimi cinque anni, è cresciuta a due cifre (+30%): gli Stati Uniti d’America.
La lista dei problemi che affliggono gli Stati Uniti è numerosa, ma di certo il petrolio non è nella lista. Infatti, dopo decenni di declino della produzione interna, i produttori di petrolio statunitensi sono riusciti a estrarre petrolio dislocato in posizioni impossibili da raggiungere fino a pochi anni fa. Inoltre hanno raggiunto livelli tecnologici tali da riuscire ad estrarre anche l’ultima goccia di petrolio da un giacimento.
Lo stato del Nord Dakota, da quando è stata scoperta la leggendaria formazione Bakken, è diventato un punto nevralgico del sistema energetico americano. Il boom petrolifero di questa zona è cinque volte più grande di quello del 1980. La disoccupazione in Nord Dakota ha toccato il 2,7%, la percentuale più bassa di tutti gli Stati Uniti.
McDonald, per riuscire a fare nuove assunzioni, offre un bonus di entrata per i neoassunti di 300 dollari, oltre alla normale retribuzione oraria di 15 dollari.
Mentre molti stati americani lottano contro la bancarotta, il Nord Dakota ha un avanzo primario di un miliardo di dollari e il numero di contribuenti che dichiarano più di un milione di dollari è triplicato tra il 2005 e il 2011.
Si stima che siano stati creati circa 41.000 posti di lavoro nell’industria petrolifera dello stato, oltre a più di 18.000 posti di lavoro nell’indotto. Tra il 2010 e il 2012, la sola città di Williston, la cui popolazione è di 16.000 abitanti, ha prodotto 14.000 nuovi posti di lavoro.
La popolazione dello stato è prevista in crescita del 50% nei prossimi 20 anni e ogni anno vengono costruite circa 3.000 nuove abitazioni per soddisfare il crescente bisogno. Gli affitti sono passati dai 350 dollari al mese, per un appartamento di due stanze, ai circa 2.000 dollari.
L’area energetica più calda del pianeta non è più il Golfo Persico, ma Bakken, in Nord Dakota.
Molti paesi del mondo vorrebbero seguire l’esempio americano ma non hanno alcuna possibilità di competere con l’esperienza e le infrastrutture statunitensi. Infatti le aziende petrolifere americane hanno investito più del 50% in sviluppo e ricerca energetica rispetto alle società di qualsiasi altro paese del mondo.
Perciò adesso esportano tecnologia e know-how in quei paesi desiderosi di sfruttare le potenzialità delle proprie riserve di idrocarburi e disponibili a pagare costosissime royalties per questo aiuto.
Questi nuovi scenari energetici presentano anche alcune grandi opportunità di investimento. Infatti, la tendenza dei prossimi anni ad impiegare nuove tecnologie per i vecchi impianti petroliferi o per territori e depositi difficilmente accessibili, favorirà quelle società che possiedono le competenze per gestire queste tecnologie.
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