Le prospettive politiche dell’Unione Europea (UE) non sembrano molto buone nel breve termine.
In Italia il nuovo governo potrebbe decidere di abbandonare la famiglia europea, per non parlare della Grecia, oppressa dall’austerità e dai sentimenti anti-immigrazione, ancora più vicina ad una Grexit. Inoltre, anche in Svezia tira aria di divisione e nell’Europa orientale i partiti di estrema destra spingono per distruggere l’unità europea.
Gioco forza che, in un simile contesto, i negoziati tra Gran Bretagna e UE circa la Brexit abbiano preso una brutta piega. La UE vuole rendere le prospettive del Regno Unito al di fuori della UE il più misere possibile. E come non biasimarla? Concedere al Regno Unito qualsiasi tipo di accordo troppo conciliante, renderebbe le cose molto peggiori.
Libero scambio per i beni e non per i servizi?
Sono ormai un paio di settimane che il primo ministro britannico, Theresa May, gira per le capitali europee facendo attività di lobbying sui leader europei per ammorbidire i costi e le conseguenze della Brexit. La sua speranza è di portare a termine negoziati per l’uscita del paese che comprendano un accordo di libero scambio per i beni ma non per i servizi.
Da sempre, la posizione della Gran Bretagna è stata quella di aggrapparsi alle ingenue promesse fatte da coloro che hanno promosso la Brexit circa il “riprendere il controllo del paese” e “forgiare la nostra strada nel mondo“. Con l’illusione che ciò equivarrà a migliori prospettive economiche rispetto a quelle di fare parte del più grande blocco commerciale nel mondo.
Purtroppo, non esisteva alcun piano strategico dietro a coloro che che hanno promosso la Brexit, probabilmente perchè anche loro non si aspettavano di vincere.
Sarà una hard Brexit
Ora, tutto lascia presagire che si arriverà ad una hard Brexit, cioè un’uscita senza un accordo, tanto meno commerciale. Nessun accordo commerciale potrebbero significare l’adozione dei dazi e delle regole dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO). Da un punto di vista cartaceo, ciò sarebbe un incubo, in quanto né il settore del trasporto merci né i governi di entrambe le parti sono dotati di personale o equipaggiati per gestire il volume di pratiche burocratiche coinvolte.Le aziende temono grossi danni alla catena delle forniture, causati dal caos portuale in Olanda, Belgio, Francia e Regno Unito.
Forse, senza un accordo entro il 27 marzo 2019, ci sarà un’estensione concordata nell’interesse di tutte le parti.
Una nuova barriera per il commercio
Molti uomini d’affari, nel corso dell’ultimo anno, erano assai preoccupati della Brexit. Adesso la preoccupazione è diventata paura. Le ricerche di mercato dell’ultimo mese confermano che la Brexit è considerata la minaccia principale dalle imprese.
C’è ancora una flebile speranza che alla fine salterà fuori un accordo, ma il più grande ostacolo sembra essere il confine irlandese. Per l‘Unione Europea non ci deve essere un confine tra la Repubblica d’Irlanda e l’Irlanda del Nord, ma non è esattamente quello che accadrà. In ogni caso, ci sarà un confine immaginario lungo il mare irlandese e una parte del Regno Unito sarà divisa economicamente dall’altra.
C’è da attendersi maggiore incertezza e volatilità sui mercati ma, soprattuto una lezione. Una lezione a cui assistere con pragmatismo e senza pregiudizi, per capire quali sono le reali conseguenze di una Brexit. Qualcosa che interessa molto da vicino tutti gli italiani, sempre più ammaliati dai politici che promettono prosperità e sviluppo al di fuori dell’Unione Europea.
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