Attenti ai pirati!

La moderna pirateria è un problema più grande di quanto la maggior parte delle persone possa pensare. La soluzione? Cooperazione internazionale per catturare i pirati.

Nel nuovo secolo, quando si usa la parola pirata la si accompagna sempre con un attributo specifico come pirata informatico (hackers), pirata della strada, pirata delle copie illegali e così via. Quasi pensando che i pirati veri e propri siano rimasti soltanto nelle ricostruzioni cinematografiche o nei romanzi d’avventura.

In realtà i pirati esistono e costituiscono un fenomeno molto più preoccupante di quanto si potrebbe pensare.

La storia della pirateria è ricca di episodi e leggende che affascinano molte persone, ignare del fatto che i pirati siano ancora un pericolo. I pirati terrorizzavano i Caraibi durante la famigerata età dell’oro della pirateria, tra il 1710 e il 1720, quando personaggi come Blackbeard (Barbanera), Black Bart RobertsCharles Vane e Anne Bonny divennero delle leggende. Ma furono tutti catturati e uccisi quando le grandi potenze coloniali, soprattutto Gran Bretagna e Spagna, decisero di cooperare per eradicare il fenomeno della pirateria. Tra il 1716 e il 1726, ben 600 pirati vennero impiccati soltanto nelle colonie britanniche. A quei tempi, per aggirare le questioni giurisdizionali, i tribunali sostenevano il principio della giurisdizione universale, cioè l’idea che qualsiasi stato potesse perseguire qualsiasi pirata. Grazie a ciò e alla cooperazione internazionale tra stati, fu stroncato il fenomeno della pirateria nei Caraibi.

Gli eredi di Barbanera sono imprendibili

Ai nostri giorni, il fenomeno sta assumendo dimensioni sempre più preoccupanti in diverse aree del globo, Oceano Indiano in testa. I pirati moderni sono difficili da catturare, in quanto si spostano in continuazione nella vasta distesa degli oceani. Inoltre, sono quasi inutili gli arresti da parte delle forze dell’ordine tradizionali, visto che il reato trascende i confini nazionali.

Dai primi anni del 2000, la pirateria in Somalia ha cominciato a costituire un grave problema, raggiungendo un picco nel 2011, con 237 incidenti segnalati ufficialmente. Ma, grazie alla cooperazione internazionale, spinta soprattutto dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, il fenomeno è andato in declino negli anni successivi. La forza navale sponsorizzata dalla Unione Europea (Operation Atalanta), si è rivelata particolarmente efficace nel catturare circa 160 pirati che erano attivi nelle acque antistanti la Somalia.

Oggi, la pirateria si è spostata dall’Africa orientale al Golfo di Guinea e nelle acque dell’Asia sudorientale, zone in cui il commercio marittimo è florido e la cooperazione tra i diversi paesi interessati è molto blanda. In queste aree gli eredi di Barbanera continuano a mettere a ferro e fuoco  le navi che solcano tali rotte.

Non esiste una sola risposta per risolvere il problema, anche perché le motivazioni e gli obbiettivi dei pirati sono assai vari. Tuttavia, tutti gli studi sulla pirateria, antica e moderna, confermano che esiste una sola strada per reprimere il fenomeno: la cooperazione internazionale.

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