L’amaro ritorno al carbone della UE, con buona pace del cambio climatico

L’Unione Europea è nel bel mezzo di un enigma energetico: comprare carbone o mantener fede agli impegni sul clima?


Sembrava quasi non fosse preoccupata presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen quando dichiarò il 16 febbraio che “l’Unione Europea è pronta a reagire su due fronti all’eventuale attacco all’Ucraina da parte della Russia., con un pacchetto solido di sanzioni senza precedenti che metterà la massima pressione all’economia russa e con un piano per garantire la fornitura di gas alla UE“.

Il bluff dell’Unione Europea

Ma la Russia ha chiamato il bluff e le carte in mano a Bruxelles si sono rivelate per quello che erano: quasi il nulla. I paesi europei non sono in grado di colpire il Cremlino dove fa davvero male e cioè nelle esportazioni di energia. La verità, che piaccia o no, è che la UE è troppo dipendente dall’energia russa per interromperne l’approvvigionamento. Lo scorso anno, l’Unione Europea dipendeva dal gas russo per il 45% delle sue importazioni e circa il 40% del suo consumo, rappresentando circa un terzo del commercio mondiale di gas naturale liquefatto.

Per questi motivi, la strategia dei politici europei è stata quella di lavorare per tagliare gradualmente le importazioni di energia russa, ma il Cremlino ha giocato d’anticipo, staccando a suo piacimento la spina in alcuni paesi e gettando l’Europa nel panico di rimanere senza gas per quest’inverno.

Torniamo al carbone!

Così stando le cose, i politici europei hanno pensato di tornare al carbone, cominciando ad importarne a più non posso. Per esempio, dal Sudafrica, ne stiamo importando quantità record. Secondo Quartz Africa, i paesi UE, con in testa Italia, Danimarca e Olanda, hanno iniziato ad aumentare le importazioni di carbone e, fino ad oggi, rappresentano quasi il 15% dei 24 milioni di tonnellate di carbone esportati da RBCT (Richards Bay Coal Terminal).

Certo che per i ricchi paesi UE che aiutavano le nazioni più povere, come il Sudafrica, a liberarsi del carbone, questa è una pillola davvero amara da ingoiare. Alla conferenza globale sul clima COP26 dello scorso anno, le nazioni ricche hanno promesso 8,5 miliardi di dollari in finanziamenti per il clima, specificamente stanziati per aiutare il Sudafrica a ridurre le emissioni del carbone.

Quando la carota supera il bastone

Adesso, marcia indietro. La UE sta aiutando l’espansione dell’industria carboniera sudafricana. Il Sudafrica si trova tra il bastone e la carota. Ha preso 27,6 miliardi di dollari in finanziamenti per porre fine alla produzione di carbone ma con la domanda europea di carbone alle stelle, la carota supera di gran lunga il bastone. L’attuale tasso di disoccupazione del Sudafrica è del 34% e l’attuale aumento della domanda di carbone, così come dei prezzi del carbone, farà aumentare probabilmente di 200.000 i posti di lavoro offerti dall’industria carboniera nazionale.

Quello di cui sembra non siano in grado di rendersi conto i politici europei è che sostituire completamente le importazioni di energia russa con altre fonti di gas o energie rinnovabili è impossibile. Richiederebbe infatti 275 miliardi di metri cubi di importazioni di GNL non russo, una quantità che rappresenta oltre il 53% del commercio globale di GNL.

Bluffare con la Russia si è rivelato un disastro e continuare su questa strada potrebbe essere ancora peggio. Vedremo fino a che punto vorranno arrivare i politici europei prima di ammettere di aver commesso errori imperdonabili e, di conseguenza, cambiare radicalmente strategie. A meno che il malcontento popolare non ponga prima fine a queste politiche scellerate ed incoscienti.

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