Per la gioia di chi si trova seduto su scorte di metallo in continuo deprezzamento da aprile scorso, le acciaierie un po’ in tutta l’Unione Europea (UE) stanno alzando i prezzi in questi giorni. Non è certo una grossa sorpresa dal momento che pochi giorni fa la ArcelorMittal, il più importante produttore siderurgico d’Europa, ha annunciato un aumento di prezzi per i suoi coils laminati a caldo (HRC) e per altri prodotti.
Incrementi di almeno 50-70 euro a tonnellata
Thyssenkrupp ha alzato le sue offerte fino a 800 dollari per tonnellata, mentre Acciaierie d’Italia ha aumentando i prezzi di 100 euro a partire dal 1° settembre. I nuovi prezzi dei coil laminati a caldo della Liberty Ostrava (Repubblica Ceca) sono di 870 euro, in crescita di 80 euro. Anche altre acciaierie europee puntano a incrementi di almeno 50-70 euro a tonnellata.
Come accennato, ArcelorMittal la scorsa settimana ha annunciato che venderà a 800 euro per le consegne di ottobre e a 850 euro per quelle di novembre.
La domanda riuscirà a reggere i nuovi prezzi?
Tuttavia, il mercato non è fatto soltanto dalle acciaierie e dal loro desiderio di scaricare i maggiori costi energetici sui consumatori. In altre parole, non è per nulla chiaro se la tiepida domanda degli ultimi mesi riuscirà a digerire i nuovi aumenti di prezzo.
A rovinare i nuovi budget commerciali delle acciaierie europee potrebbero essere le importazioni dall’Asia. Infatti, i produttori di acciaio asiatici non si trovano a dover far fronte allo stesso forte aumento dei costi di produzione, come invece avviene in Europa. Tanto è vero che, ad oggi, le offerte asiatiche sono ancora al di sotto dei 700 dollari per tonnellata CIF Italia.
Anche se settembre è ormai alle porte, il dubbio che incombeva sul mercato prima della pausa estiva rimane lo stesso: sarà più grave il crollo della domanda o il crollo dell’offerta (di cui i nuovi aumenti di prezzo sono un primo effetto)?
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