Paradisi fiscali: storia, miti e leggende

I paradisi fiscali stanno attraversando una fase di grandi cambiamenti, a causa dell’atteggiamento meno benevolo dei paesi sviluppati nei loro confronti.

I paradisi fiscali stanno sempre più attirando l’attenzione a causa della vastità del fenomeno. Sebbene sia ancora difficile trovare dati affidabili sui paradisi fiscali, le statistiche della Bank of International Settlement (BIS) hanno dimostrato che, sin dal 1980, circa la metà di tutte le attività e le passività bancarie internazionali sono passate attraverso centri finanziari offshore.

Circa un terzo degli investimenti diretti esteri di tutte le società multinazionali, passano attraverso i paradisi fiscali. Le stime sull’evasione fiscale perpetrata attraverso i paradisi fiscali sono difficili da accertare. I paradisi fiscali sono utilizzati anche come la via principale attraverso la quale riciclare denaro che esce dai paesi in via di sviluppo.

La maggior parte dei paradisi fiscali oggi esistenti, si sono sviluppati attorno a due principali poli geo-politici.

Un polo si è evoluto attraverso gli stretti legami con la City di Londra:  le Channel Islands, Jersey, Guernsey e l’Isola di Man, oltre ai territori britannici d’oltremare tra i quali le Isole Cayman, Bermuda, Isole Vergini Britanniche, Turks e Caicos e Gibilterra, Hong Kong, Singapore, Bahamas, Bahrain e Dubai. Meno significativi in termini assoluti, ma più numerosi, sono quei territori da poco indipendenti dall’impero britannico, che si trovano nell’Oceano Pacifico.

I paradisi fiscali sono associati con l’evasione fiscale che, per quanto ne sappiamo, è vecchia quanto la tassazione stessa

L’altro polo si è sviluppato in Europa e comprende alcuni paesi del Benelux (Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo),  Irlanda, Svizzera e Liechtenstein.

Gli unici altri paradisi fiscali importanti, che non fanno parte di questi due poli, sono Panama e, in misura minore, l’Uruguay.

La storia dei paradisi fiscali è piena di miti e leggende. I paradisi fiscali sono associati con l’evasione fiscale che, per quanto ne sappiamo, è vecchia quanto la tassazione stessa. I paradisi fiscali sono quindi visti da alcuni come l’ultima incarnazione di una antica pratica, e per molti versi lo sono. I paradisi fiscali moderni, tuttavia, sono Stati sovrani (come le Channel Islands, con una notevole autonomia), che utilizzano il loro diritto sovrano di scrivere le leggi al fine di attrarre un certo tipo di clientela internazionale.

La strategia di un paradiso fiscale è rivolto esclusivamente ad una clientela internazionale e, quindi, può prosperare solo all’interno di un mercato mondiale integrato. I paradisi fiscali, sono un fenomeno decisamente moderno, le cui origini risalgono alla fine del XIX secolo.

Probabilmente uno dei primi esempi di un paradiso fiscale furono i due stati americani del New Jersey e Delaware, nel tardo 19° secolo. Il New Jersey aveva bisogno urgente di fondi e un avvocato di New York, un certo Mr. Dill, convinse il governatore del New Jersey, Leon Abbet, ad mettere in pratica  il suo piano per aumentare le entrate, imponendo una tassazione favorevole per le aziende con sede in New Jersey.

Mentre gli Stati americani del New Jersey e Delaware potrebbero aver inventato la tecnica per attirare le società non residenti, nel 1920 alcuni cantoni svizzeri, guidati inizialmente dal Cantone di Zug (vicino a Zurigo), copiarono questa pratica e la portarono nel vecchio continente.

Lo sviluppo dei paradisi fiscali moderni è normalmente associato con l’aumento della tassazione durante gli anni ’60, anche se un altro fattore importante fu l’emergere  di un mercato finanziario offshore alla fine degli anni ’50.

Le statistiche disponibili sui paradisi fiscali ci dicono che questi hanno svolto un ruolo centrale nello sviluppo dell’economia mondiale. Ma come potevano i principali paesi del mondo, permettere a queste piccole giurisdizioni di crescere e prosperare, apparentemente a spese loro? In effetti, paesi come Stati Uniti, Inghilterra, Francia e Germania hanno cercato di volta in volta di eliminare alcune lacune, mettendo sotto pressione questo o quel paradiso fiscale, per modificare alcune delle sue regole e delle sue politiche. Ci sono stati anche alcuni deboli tentativi, risalenti al periodo tra le due guerre, per definire una politica internazionale coordinata contro paradisi fiscali. Ma non è mai stato fatto nulla di concreto. Infatti paradossalmente, i paesi stessi, con l’eccezione di Francia e Germania dopo la Seconda Guerra Mondiale, sono stati i principali attori dello sviluppo dei paradisi fiscali.

Tuttavia, a partire dalla fine degli anni ’90, l’atteggiamento dei paesi sviluppati verso i paradisi fiscali ha iniziato a cambiare. Una campagna, guidata dall’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico), è stata intrapresa contro i paradisi fiscali per fermare una “dannosa concorrenza sleale”. Recenti riunioni del G-20 hanno definito nuove azioni per reprimere i paradisi fiscali e sembra che l’amministrazione del presidente americano Obama, sia decisa ad appoggiare con fermezza questa linea. Molti prevedono che il segreto bancario abbia poche probabilità di sopravvivere ancora per molto tempo.

Attualmente, Singapore sta emergendo come paradiso fiscale per  il settore private banking in tutto il mondo. Il problema principale che Singapore si trova ad affrontare è quello legato alla carenza di personale specializzato nel settore del private banking. La crescita delle attività a Singapore è stata sensazionale, passando da 150 miliardi di dollari nel 1998 a 1.173 miliardi dollari nell 2007.

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