“C’era una volta una miniera di antimonio…” Storie italiane d’altri tempi

Sotto i nostri piedi abbiamo riserve di antimonio di non poco conto ma, nonostante la domanda globale sia in forte espansione, abbiamo deciso di lasciarle a dormire.

Raccontare di miniere e risorse minerali dell’Italia è un po’ come narrare la storia di Cenerentola, ma senza Principe Azzurro ne lieto fine.

In Italia, il settore minerario viene considerato un cimelio del passato, un ricordo di una vecchia economia senza prospettive, allor quando le persone dovevano sporcarsi le mani per estrarre le risorse di cui avevano bisogno. Le nuove generazioni non sognano certo di fare i minatori, ma nemmeno i geologi, visto che anelano tutti a diventare influencers o youtubers.

Il mondo ha fame di antimonio

Purtroppo, almeno su questo argomento, gran parte degli italiani soffre di un grave distacco dalla realtà. Infatti, mai come in questi anni, il mondo ha fame di risorse minerali ed energetiche, molte delle quali indispensabili per produrre tecnologia avanzata. E tra questi minerali/metalli c’è anche l’antimonio, di cui il nostro paese possiede alcune riserve, proprio quando la domanda globale è in forte crescita e l’offerta si sta contraendo.

Innanzitutto, che a nessuno venga in mente di dire che l’antimonio è una terra rara. Si tratta infatti di un semimetallo che, nella sua forma metallica, viene classificato come metallo raro con molteplici applicazioni commerciali e militari.

Quando la Sardegna esportava antimonio in tutto il mondo

Ma, tornando all’antimonio italiano e alla favola di Cenerentola, potrei iniziare dicendo che “C’era una volta in Sardegna una miniera di antimonio…“. Si tratta della miniera di Su Suergiu, ubicata nella Valle del Rio Sessini e che prende il nome dalla quercia da sughero assai diffusa nella zona. Le prime estrazioni minerarie risalgono alla fine dell’Ottocento ma sono proseguite, anche se in modo irregolare, fino agli anni ’70.

Il minerale, dopo esser stato lavorato in fonderia, veniva esportato in Italia e nel mondo per essere impiegato nell’industria bellica, farmaceutica, cosmetica e chimica. Proprio durante le due guerre mondiali, la produzione di antimonio raggiunse il picco. Nei libri di storia sono rimasti i nomi delle due società italiane che furono le titolari della miniera: la Società Anonima di Miniere e Fonderie d’Antimonio e la AMMI (Azienda Minerali Metallici Italiani).

Gli importanti giacimenti della Toscana

Ma sotto il terreno del nostro Stivale, in Toscana per la precisione, si nasconde ancora più antimonio di quello sardo. In questa regione ci sono importanti giacimenti di antimonio, soprattutto nel comune di Manciano, in provincia di Grosseto. Il minerale è presente anche in molti dei depositi di cinabro della zona e si ritiene che entrambi i minerali siano correlati alle formazioni del Monte Amiata durante il Quaternario.

L’interesse per queste risorse è grande, visto che l’Unione Europea (UE) dipende al 100% dalle importazioni di antimonio, un metallo che la stessa UE ha classificato come uno dei 14 materiali critici per le industrie del continente.

La Commissione Europea si è posta la domanda se l‘Italia abbia il potenziale per diventare un importante produttore mondiale di antimonio sulla scena mondiale visto l’interesse mostrato dalla Adroit Resources Inc. verso l’antimonio italiano. Questa società canadese specializzata nell’esplorazione mineraria, nel 2011, ha iniziato le indagini di campionamento del suolo nella provincia di Grosseto, con risultati assai promettenti.

D’altronde, anche le esplorazione e le valutazione condotte prima della chiusura delle miniere di Manciano avevano evidenziato la presenza di notevoli risorse di antimonio nel distretto e la SAMIM, azienda italiana che aveva gestito diversi giacimenti nell’area, stimò la presenza di oltre 2,8 milioni di tonnellate di minerale. Proprio l’area di Manciano era stata, a livello mondiale, un’importante produttrice di antimonio con diversi giacimenti attivi nel secolo scorso.

Oggi la Cina domina il mercato mondiale

Attualmente, la produzione mondiale è dominata dalla Cina che in qualche modo è stata la responsabile della chiusura della produzione toscana di antimonio. Infatti, Grosseto è stata un importante produttore mondiale di antimonio fino ai primi anni ’90. Ma, quando la Cina ha quadruplicato la produzione negli anni ’80 e ’90, la depressione dei prezzi dell’antimonio ha portato alla cessazione delle attività italiane, nonostante un aumento della domanda mondiale.

La stessa ingloriosa fine toccata al progetto della Adroit Resources, ritirato alla fine del 2012 per le proteste delle associazioni ambientaliste e dei comitati locali. Italia Nostra, LIPU, FAI e WWF hanno inneggiato alla vittoria e al trionfo di un modello economico che mette sempre davanti attività come il turismo alle attività minerarie o industriali.

È la vittoria di una abitudine italiana di dire sempre NO a qualsiasi attività abbia piccoli o grandi impatti ambientali, ma di dire sempre SI alla pretesa che siano altri paesi a prendersi la responsabilità di estrarre o produrre materiali indispensabili per oggetti come gli smartphones o i computer, di cui tutti vogliono sempre disporre dell’ultimo modello alla moda. Perciò, continueremo a comprare l’antimonio dalla Cina, così come il tungsteno, il magnesio, il vanadio, le terre rare, lo scandio, l’ittrio, etc. etc.

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È stato un trader nel settore dei metalli per lungo tempo, lavorando con alcune importanti aziende del settore in Italia e in Europa. Esperto in metalli rari, è consulente presso un'azienda svizzera leader sul mercato internazionale di questi metalli. Da qualche anno è impegnato anche nella divulgazione giornalistica del mondo dei metalli rari e delle materie prime. Il suo profilo professionale è su LINKEDIN.