La voce riferita da Bloomberg che gli Stati Uniti stanno valutando il divieto de facto dell’alluminio russo, ha infiammato i prezzi dell’alluminio al London Metal Exchange (LME), che sono arrivati a guadagnare anche il 7,3% in poche ore (2.400 dollari per tonnellata). Successivamente, i prezzi si sono calmati, adagiandosi intorno ai 2.310 dollari.
Il boom delle quotazioni di queste ore si deve all’amministrazione Biden che potrebbe decidere di aumentare i dazi sull’alluminio russo a livelli così alti da rendere inaccessibile il mercato americano alla Rusal. La Rusal è il più grande produttore mondiale di alluminio al di fuori della Cina, rappresentando il 6% del fabbisogno mondiale (70 milioni di tonnellate).
Nel 2018, in circostanze analoghe, i prezzi si impennarono del 30%
Come riporta anche Reuters, un intervento statunitense del genere provocherebbe una violenta salita dei prezzi. I mercati lo sanno per certo visto che, nel 2018, il Dipartimento del Tesoro americano aveva provato ad imporre sanzioni contro la Rusal, mentre l’LME bandiva il suo metallo, e gli effetti sono stati di un aumento dei prezzi dell’alluminio del 30% nel giro di pochi giorni.
Tra le numerose sanzioni che l’Occidente ha disposto fino ad ora per colpire la Russia, non ci sono restrizioni all’acquisto di metallo russo. Ma, in questi giorni, anche l’LME sta discutendo della possibilità di vietare la consegna di metalli russi (alluminio, nichel e rame) nei propri magazzini.
Quasi certamente, assisteremo ad una distorsione dei prezzi
Gli effetti di questi dazi e divieti porteranno ad una forte distorsione dei prezzi. Paradossalmente, si arriverebbe alle stesse conseguenze anche senza il divieto LME. Infatti, se la Rusal non riuscisse a vendere tutto il suo alluminio negli Stati Uniti o in Europa, lo potrebbe riversare tutto nei magazzini LME, con un enorme effetto depressivo sulle quotazioni.
Quasi inutile aggiungere che c’è una fortissima preoccupazione tra tutti gli operatori industriali del settore.
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