Una nuova bolla energetica sullo shale gas?

I bassissimi prezzi dello shale gas negli Stati Uniti, fanno temere che si sia gonfiata un’altra bolla speculativa, pronta ad esplodere e a trascinare i prezzi energetici verso l’alto.

Il settore energetico americano sta attraversando una specie di Rinascimento, grazie allo sviluppo di una risorsa che sembra abbondare nel sottosuolo terrestre: lo shale gas.

L’abbondanza di questa risorsa ha trascinato i prezzi verso il basso e ha reso le industrie americane, soprattutto quelle a più alto impiego di energia, molto competitive in tutto il mondo.

Ma qualcuno ha sollevato il dubbio che tutto il settore sia seduto su una bolla in procinto di scoppiare. Questa volta la bolla sarebbe la conseguenza di un eccessivo ottimismo sulle quantità disponibili di shale gas e di conseguenza sui livelli molto bassi dei prezzi dello stesso.

Come dicono alcuni esperti: “I numeri non mentono, al contrario dei politici e dei pezzi grossi del settore energetico!“. Secondo Bill Powers, autore del libro Cold, Hungry and in the Dark: Exploding the Natural Gas Supply Myth, la produttività di gas di scisto sta precipitando e le attese per una crescita della produzione nei prossimi anni, che permetterebbe agli Stati Uniti di diventare un esportatore di shale gas, sono in procinto di sgonfiarsi come una bolla.

Alcuni scisti in Nord America sono in forte declino e soltanto per la sovrapproduzione di molti impianti, l’effetto non è ancora visibile. Considerando che la sovrapproduzione è drogata da troppi investimenti nel settore che non tengono in dovuto conto che i prezzi bassi dello shale gas e il rendimento in discesa dei pozzi di gas, rendono in molti casi le perforazioni del tutto antieconomiche.

Molte persone che stanno promuovendo il mito di una nuova rivoluzione industriale americana, grazie ai bassi costi energetici offerti dallo shale gas, lo stanno facendo sia per motivi politici che per motivi economici. Molte dichiarazioni circa le quantità di gas esistenti, forniscono poche prove o evidenze empiriche a loro sostegno.

Se queste tesi dovessero diventare realtà, i prezzi del gas saliranno improvvisamente e drammaticamente come successe nel dicembre 2000 quando, in un batter d’occhio, i prezzi del gas passarono da 4 dollari/mcf (mcf = 1.000 cubic feet) a 10 dollari/mcf a causa di un calo della produzione. Come è già successo durante lo scoppio della bolla immobiliare, sarà evidente a tutti quanto i prezzi attuali del gas siano insostenibili. Poche persone ne trarranno enormi profitti mentre per la maggior parte della popolazione pagherà l’energia a prezzi significativamente più alti, in una condizione aggravata dalla chiusura di decine di centrali elettriche a carbone entro il 2015, per l’adeguamento alle normative ambientali più severe.

Poichè gli Stati Uniti sono i driver dei prezzi del gas mondiale, uno scenario come quello ipotizzato, avrebbe ripercussioni in tutto il mondo e su tutto il settore energetico.

Alcuni analisti stanno consigliando gli investitori a puntare sulle azioni delle società energetiche che nel corso dei prossimi dieci anni offriranno i migliori rendimenti, un po’ come successe nel 1970 quando a causa della crisi energetica e della conseguente massiccia inflazione, gli unici investimenti a generare rendimenti positivi erano quelli su petrolio, gas e metalli preziosi. Al contrario, le azioni in generale e i titoli di stato persero buona parte del loro valore.

Ci stiamo avviando verso un periodo simile a quello degli anni ’70? Se così fosse, investire in titoli energetici potrebbe essere la migliore strategia per ottenere i buoni rendimenti quando la bolla energetica dello shale gas dovesse scoppiare.

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