Hitler lo sapeva: senza il petrolio si perdono le guerre!

Una lezione che viene dal secolo scorso e che è impossibile dimenticare: per vincere una guerra bisogna controllare il petrolio.

Siamo abituati a leggere la storia del secolo scorso in termini di scontri di ideologie. Il comunismo contro il capitalismo oppure il nazismo/fascismo contro la democrazia.

Ma esiste anche un’altra chiave di lettura per capire quanto accaduto durante la Seconda Guerra Mondiale, una guerra scatenata e decisa soprattutto da una materia prima: il petrolio. Dai deserti del Nord Africa alle gelide acque dell’Oceano Atlantico, dalle giungle del Pacifico Meridionale ai cieli sopra la Romania, la Seconda Guerra Mondiale fu contraddistinta dalla feroce lotta per una risorsa chiamata petrolio.

Controllare il petrolio per vincere la guerra

Senza il petrolio, la guerra meccanizzata era impossibile. Ecco perché lo sforzo bellico di ogni grande potenza è sempre stato quello di accedere e controllare le risorse petrolifere.

La Germania di Adolf Hitler voleva dominare l’Europa. Così facendo, si sarebbe assicurata tutte le risorse di cui aveva bisogno per diventare un potere economico autosufficiente.

Infatti, nonostante fosse una delle nazioni industriali più potenti del mondo, la Germania non aveva riserve di petrolio. Inoltre, non aveva un impero, come gli inglesi, che gli consentisse di accedere a petrolio estero.

Negli anni ’30 la produzione petrolifera mondiale era dominata da una manciata di paesi. Innanzitutto, c’erano gli Stati Uniti, che rappresentavano il 50% della produzione mondiale di petrolio, poi l’Unione Sovietica, il Venezuela, l’Iran, l’Indonesia e la Romania.

Ma per alimentare la sua economia industriale e alimentare la sua macchina da guerra in crescita, la Germania aveva bisogno di petrolio. Hitler aveva solo due scelte: o produceva petrolio sintetico dal carbone, che la Germania aveva in abbondanza, o si assicurava il petrolio attraverso la conquista.

Alla conquista dell’industria petrolifera sovietica

La drammatica Battaglia di Stalingrado, che gli storici ritengono sia stato il punto di svolta per la guerra sul fronte orientale, avvenne dopo che l’esercito tedesco si era spinto verso le montagne del Caucaso, il cuore dell’industria petrolifera sovietica. Se Hitler fosse riuscito a mettere le mani sui giacimenti petroliferi intorno a Baku, avrebbe ottenuto il petrolio di cui aveva bisogno per alimentare l’economia e la macchina da guerra tedesche.

Ma l’avanzata tedesca fu respinta a Stalingrado. Gli eserciti di Hitler non riuscirono ad assicurarsi l’accesso al petrolio russo e, nel 1943, iniziarono una lenta ritirata.

La “volpe del deserto” a caccia di giacimenti

Invece, su un altro fronte, il generale Erwin Rommel, “la volpe del deserto“, guidava i suoi panzer in diverse aree del Nord Africa. Con quale obbiettivo? Semplice, Rommel stava cercando di conquistare il Canale di Suez e con esso la rotta verso i preziosi giacimenti petroliferi inesplorati del Medio Oriente.

Dal fronte giapponese al fronte europeo, dagli scontri nei cieli a quelli nei mari e a quelli terrestri, fu sempre il controllo del petrolio o la sua perdita a determinare il vincitore tra i contendenti. E, volendo trarre un insegnamento da quegli anni drammatici, possiamo certo dire che, alla fine, è sempre la mancanza di petrolio a contribuire in modo decisivo alla sconfitta di una nazione.

Come dicevano i professori di una volta: “studia il passato se vuoi prevedere il futuro!”

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