Putin non usa mezzi termini: “Estrarre shale oil è da barbari!”

Putin è decisamente contrario all’estrazione di shale oil, tanto da definirlo un processo barbaro. Ma se le sue parole possono fare intendere preoccupazioni ambientaliste, le trivelle della principale aziendale statale russa parlano in maniera opposta.

Vladimir Putin ha trascorso alcuni giorni alla riunione dell’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio (OPEC). In questa occasione ha esternato pubblicamente il suo pensiero sulla produzione americana di shale oil, definendola un “processo barbaro“.

Nella stessa occasione, Putin ha annunciato che la produzione di petrolio russa è aumentata, nonostante il fatto che la Russia sia impegnata nel rispettare i limiti di produzione decisi dall’OPEC.

La Russia e l’OPEC hanno un obiettivo comune, cioè quello di mantenere il mercato petrolifero in equilibrio. Finora la Russia ha seguito le indicazioni dell’OPEC, tagliando la produzione di petrolio da settembre a ottobre.

Anche se la produzione petrolifera russa è leggermente cresciuta, secondo Putin, il suo paese non punta a diventare il primo produttore di greggio al mondo. Un primato che, attualmente, è degli Stati Uniti.

Gli americani sono dei barbari?

A questo riguardo, Putin non è stato tenero con gli americani. Gli Stati Uniti ignorano colpevolmente le conseguenze ambientali negative della produzione di petrolio e gas di scisto su larga scala. L’estrazione dello shale oil è un processo barbaro e la Russia non userà mai il fracking come mezzo per estrarre petrolio e gas.

Parlando con un rappresentante della Total SA (multinazionale petrolifera), Putin ha detto: “Non abbiamo affatto bisogno di sviluppare olio di scisto. In primo luogo, non abbiamo bisogno di aumentare l’offerta di petrolio sui mercati mondiali e abbiamo abbastanza petrolio che possiamo ottenere dal magazzino artico. Nonostante tutti i benefici economici, non ne abbiamo bisogno e non lo faremo mai“.

Difficile dare torto a Putin in questo caso. Esistono moltissimi studi sull’impatto ambientale che confermano il fatto che il fracking provoca danni ambientali gravi ed estesi. Naturalmente, ci sono anche i sostenitori del fracking che sostengono che si tratti di un combustibile più pulito del greggio, che riduce inoltre i costi per i consumatori.

Fracking in Siberia per mano della Gazprom

Ma quello in cui Putin non risulta molto convincente è che, mentre si scaglia a parole contro lo shale oil, la sua più grande compagnia di gas naturale (Gazprom Neft) gestisce circa 30 siti di fracking in Russia. È vero che si tratta di un numero relativamente piccolo nel panorama energetico globale, ma anche la Gazprom sta giocando la sua partita nel settore dello shale oil. Pur non essendo il pilastro degli idrocarburi russi, il fracking è qualcosa che la Gazprom sta perseguendo da quando, 3 anni fa, ha completato la sua prima trivellazione orizzontale nel bacino di Bazhenov, nella Siberia Occidentale.

Per questo motivo c’è da mantenere un certo scetticismo nel giudicare Putin quando dice “Puoi stare certo che la Russia sarà sempre un attore responsabile nel mercato globale dell’energia“. Anche lui, come qualsiasi altro politico occidentale o orientale, non va preso in considerazione per quello che dice ma… per quello che fa!

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