Tutto il mondo ci conosce come un paese fantastico, con una lunga storia, cibo eccezionale, ottimi vini e una cultura insuperabile.
Purtroppo, abbiamo anche un brutto vizio che ci porterà alla rovina: il vizio di fare debiti. Infatti, l’Italia deve ai suoi creditori oltre 2.410 miliardi di euro (a luglio 2019, ma la cifra continua a crescere di circa 24 miliardi al mese). Ciò equivale al 133% del PIL italiano, il quarto più alto al mondo.
Questo enorme debito, insieme alla crisi economica e politica, porterà ad un collasso finanziario globale.
Come siamo arrivati a questo punto?
L’Italia, con altri 18 paesi, fa parte della zona euro. I paesi della zona euro avevano promesso di rispettare i “criteri di convergenza” del trattato di Maastricht del 1992. Tanto per ricordare, questi criteri includono:
- un disavanzo pubblico non oltre il 3% del PIL;
- un rapporto debito/PIL inferiore o uguale al 60%;
- tassi di interesse a lungo termine che non superano del 2% i tassi degli Stati membri dell’Unione Europea (UE) con l’inflazione più bassa.
Sulla base di questi requisiti, diversi membri della zona euro non avrebbero mai dovuto essere ammessi. Per esempio, i politici greci hanno fatto giochi di prestigio per fare apparire il paese quasi conforme a questi criteri.
L’ammissione dell’Italia nella zona euro è stata altrettanto problematica. Come per la Grecia, le regole sono state allentate dopo che è diventato evidente che l’Italia non poteva soddisfare i criteri di convergenza. D’altronde, l’Italia è stato uno dei membri fondatori dell’Eurozona nel 1999 e Mario Draghi, allora direttore generale del Tesoro italiano, diceva che l’euro avrebbe costretto l‘Italia a rimettere in ordine i propri conti.
Gli italiani non vogliono rispettare una disciplina economica
Non è successo così e, oggi, i nostri politici sono sempre più ostili ai vincoli fiscali dell’euro. Di fatto, gli italiani non vogliono rispettare una disciplina economica conforme ai criteri di convergenza dell’euro. Un simile atteggiamento è per certi versi comprensibile.
Da quando siamo entrati nella zona euro, la crescita economica del paese è rimasta stagnante. Il reddito pro capite è appena al di sopra del suo livello di due decenni fa. Nel frattempo, il reddito pro capite è cresciuto del 28% in Germania e del 17% in Francia.
Il nuovo governo appena insediato desidera rinegoziare le norme della UE che limitano i disavanzi di bilancio. Se la UE non sarà d’accordo, il Movimento 5 Stelle ha proposto di convocare un referendum sull’opportunità di mantenere l’Italia nella zona euro.
Nessuno dei nostri leader politici è disposto a rispettare le regole della BCE. Se la BCE tenta di farli valere, l’Italia potrebbe ritirarsi dall’euro. E questo porterà a una crisi finanziaria globale che farà rimpiangere quella che abbiamo vissuto un decennio fa.
Anche la Grecia aveva minacciato di lasciare la UE e di reintrodurre la dracma se non gli fosse stato permesso di infrangere le regole dell’euro per la disciplina fiscale. Ma, alla fine, la UE aveva convinto la Grecia a intraprendere un piano di austerità fiscale in cambio della riduzione del debito. I risultati sono stati disastrosi: una vera tragedia greca. L’economia greca si è ridotta del 25%, i prezzi delle case sono diminuiti del 40% e centinaia di migliaia di cittadini greci hanno lasciato il paese.
Naturalmente, gli italiani non vogliono ripetere la tragedia greca e il paese ha un’importanza assai maggiore della Grecia. La nostra economia è 10 volte più grande di quella greca. Se la Commissione Europea sanzionasse l’Italia o non approvasse il suo bilancio 2020, il paese potrebbe lasciare l’euro. E quella sarà una catastrofe per il mondo intero.
Quando l’Italia reintrodurrà la lira
Se l’Italia reintroduce la lira, il suo valore precipiterà contro l’euro all’istante. E ciò renderà ancora più difficile rimborsare i nostri debiti giganteschi. Un default inevitabile.
Un grosso pezzo di quel debito, quasi 400 miliardi di euro, è detenuto dalla BCE. Se l’Italia non lo ripaga, la BCE dovrà dividere le sue perdite tra gli altri membri dell’Eurozona. La Germania, ad esempio, dovrebbe digerire 120 miliardi di euro (circa il 3,5% del PIL tedesco). Gli elettori tedeschi salveranno la BCE solo perché l’Italia non ha voluto rispettare le regole?
E i 400 miliardi di euro che l’Italia deve alla BCE è meno di un sesto del suo debito pubblico. Le banche europee detengono la maggior parte del resto. Le banche francesi hanno la maggiore esposizione con 285 miliardi di euro, quelle tedesche detengono 58,7 miliardi di euro, quelle belghe detengono 25,2 miliardi di euro e le banche del Regno Unito 17,4 miliardi di euro.
Il crollo finanziario dell’Italia potrebbe infettare l’intero sistema finanziario globale. Il fallimento di Lehman Brothers nel 2008 ha portato al più grande crollo finanziario dalla Grande Depressione degli anni ’30. Solo in un mese (ottobre 2008) gli investitori hanno perso più di 10 bilioni di dollari sui mercati azionari globali.
Ma i debiti di Lehman ammontavano a soli 619 miliardi di dollari, molto poco a confronto dei 2.410 miliardi di euro dell’Italia. In caso di inadempienza italiana, il sistema finanziario globale dovrà far fronte a una crisi cinque volte più grande di quella del fallimento di Lehman Brothers.
Quanto tempo ci resta?
Le banche, i fondi pensione e le assicurazioni che detengono debito europeo potrebbero trovarsi inadempienti per molti miliardi di euro.
Può sembrare brutto da dire, ma la realtà è che potremmo essere a mesi, o addirittura a settimane, di distanza da una crisi finanziaria globale che farà sembrare meno drammatica quella che abbiamo vissuto nel 2008.
Quando si verificherà, non ci rimarrà che ricordarci molto bene di una lezione che abbiamo imparato in questi anni: i politici mentono!
Solo poche settimane prima che Cipro chiudesse le banche, i suoi governanti avevano promesso che i depositi presso le banche locali sarebbero stati garantiti al 100% e che i contribuenti della zona euro avrebbero finanziato qualsiasi salvataggio. Ovviamente, era una bugia.
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