Negli ultimi 12 mesi il rame ha fatto spaventare a più riprese gli investitori. A luglio dello scorso anno ha toccato il livello più basso da novembre 2020, ma dopo pochi mesi ha cominciato a riprendersi poiché gli investitori si sono nuovamente riversati sui metalli ciclici in risposta a un dollaro più basso e alle crescenti speranze di una riapertura della Cina.
Attualmente (14 aprile), a 9.080 dollari per tonnellata, il metallo rosso sembra intrappolato in una fascia di prezzo da cui non riesce ad uscire, ne verso il basso ne verso l’alto.
In questo contesto gli investitori si domandano se il prezzo attuale sia un’opportunità di acquisto o se sia più redditizio vendere. Vediamo cosa ne pensano alcuni tra gli analisti più influenti…
Le tendenze a lungo termine…
Cominciamo con il dire che, oltre alla ripresa della domanda dopo la pandemia, ci sono diverse tendenze a lungo termine che hanno sostenuto il rame. Una di queste è la transizione verso l’energia pulita, un processo che richiede grandi quantità di rame che viene utilizzato per il cablaggio dei veicoli elettrici e nei pannelli solari. L’aumento dei prezzi del petrolio e del gas sta facendo crescere i costi operativi per i produttori di rame, ma sta anche accelerando la transizione energetica e, a sua volta, aumentando la domanda di metallo.
Il boom della domanda di manufatti durante la pandemia, soprattutto nel settore dell’elettronica e degli elettrodomestici, ha ingigantito i consumi di rame mentre la produzione mineraria non è riuscita a tenere il passo, squilibrando il rapporto tra domanda e offerta.
…e le tendenze a breve termine
Al contrario, nel breve termine, molti fattori sembrano sfavorevoli per il metallo rosso. Gli aumenti aggressivi dei tassi di interesse da parte delle banche centrali per combattere l’inflazione potrebbero rivelarsi massacranti per l’economia globale. Secondo Goldman Sachs e Bank of America, la Federal Reserve americana (FED) potrebbe aumentare i tassi di interesse altre tre volte nel corso di quest’anno.
In Cina, invece, ci sono altri problemi. Il Caixin Manufacturing Purchasing Managers’ Index (PMI) è salito a 49,2 a gennaio da un minimo di tre mesi di 49,0 a dicembre, ma si è assestato al di sotto delle previsioni di mercato di 49,5. L’offerta e la domanda cinesi si sono indebolite, la domanda estera è rimasta fiacca, l’occupazione è diminuita e la logistica non si è ripresa del tutto, mentre la quantità di acquisti è diminuita. Tuttavia, il sentiment di mercato ha continuato a migliorare poiché le imprese si aspettano una ripresa economica post-Covid (a gennaio l’ottimismo del mercato è stato al massimo in quasi due anni).
Ecco cosa prevedono gli analisti
In questo contesto fatto di luci e ombre, le opinioni degli analisti sulle sorti del rame sono contrastanti.
Secondo CapitalDOTcom, l’obbiettivo di prezzo per la prima metà di quest’anno è di 10.000 dollari per tonnellata. Si tratta di un livello raggiunto a novembre scorso, quando le autorità cinesi hanno annunciato per la prima volta l’allentamento delle restrizioni Covid.
Saxo Bank è un po’ meno ottimista e prevede che nei prossimi mesi vedremo il rame assestarsi in un intervallo compreso tra 8.300 e 10.500 dollari, prima di raggiungere un nuovo record durante la seconda metà dell’anno.
Ribassista invece Trading Economics che prevede prezzi a 8.800 dollari entro la fine del trimestre in corso e vicino agli 8.000 dollari tra 12 mesi. Anche gli analisti di Fitch Solutions non sono troppo ottimisti e pensano che il rame potrebbe raggiungere una media di 8.800 dollari a tonnellata nel 2023 e 8.000 dollari nel 2024.
Nelle sue ultime previsioni sulle materie prime (ottobre 2022), la Banca Mondiale prevedeva che la media dei prezzi scendesse nei prossimi anni da 8.700 dollari a tonnellata nel 2022 a 7.300 dollari nel 2023 e a 7.361 dollari nel 2024.
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