Perchè il petrolio non arriverà a 100 dollari

Il sentimento degli investitori sul petrolio è decisamente rialzista. Ma ci sono segnali, che molti preferiscono ignorare, che l’espansione dell’economia si stia avvicinando al capolinea.

Se siete tra quelli che pensano che i prezzi del petrolio saliranno, vi farà piacere sapere che c’è qualcuno molto ottimista a riguardo. Energy Aspects, una società londinese specializzata nella consulenza per il settore energetico, prevede che la domanda di greggio quest’anno crescerà di 1,7 milioni di barili al giorno e che il Brent potrebbe arrivare a 100 dollari nel 2019.

La ragione per un ulteriore balzo dei prezzi, oltre alla crescita della domanda, sarà un calo della produzione al di fuori degli Stati Uniti.

Una previsione che sembrerebbe abbastanza discutibile, considerando che ci sono 1,8 milioni di barili al giorno di capacità produttiva pronti per essere immessi sul mercato, una volta che gli accordi OPEC sui tagli produttivi verranno a terminare.

Certamente, la probabilità che OPEC e Russia riaccendano tutta la produzione non è scontata, dal momento che molti dei paesi membri sembrano determinati a mantenere in essere i tagli produttivi. Tuttavia, se la domanda globale dovesse crescere rapidamente, qualcuno crede che i paesi produttori di petrolio cerceranno di sfruttare la situazione ampliando la propria produzione.

Secondo gli analisti, l’economia globale è in crescita e ciò è un forte sostegno alla crescita dei prezzi. Non per altro, le previsioni a breve termine per il petrolio sono tutte rialziste.

Eppure, c’è un potenziale freno: i prezzi. Infatti, l’aumento dei prezzi può avere un effetto paralizzante sulla crescita della domanda e, considerando che negli ultimi mesi le quotazioni sono cresciute parecchio, un ulteriore balzo potrebbe frenare i consumi. Prezzi più alti per il consumatore finale influenzeranno la domanda in Europa e in Nord America, ma ancor di più nei paesi in via di sviluppo, che sono i principali motori della crescita globale.

La prossima recessione

Ma dimentichiamoci per un  attimo dei prezzi alla pompa, cioé quelli per l’utente finale. Prendiamo invece in considerazione le ultime previsioni globali del Fondo Monetario Internazionale (FMI). La crescita economica è in atto in tutto il mondo ma, come dicono alcune voci per la verità poco ascoltate, la prossima recessione non è molto lontana.

Anzi, secondo alcuni, una recessione è piuttosto vicina. In un articolo recentemente pubblicato su Forbes, viene evidenziato un indicatore che anticipa le recessioni: “più soldi che cervelli” (more money than brains). In altre parole, quando la spesa dei consumatori è esageratamente dispendiosa, significa che  l’economia è surriscaldata e si sta avvicinando il momento di una inversione.

Il mercato azionario statunitense è ai massimi storici ed è tempo di una correzione. Se ciò avviene e l’economia americana comincia a rallentare, quante probabilità ci sono che il prezzo del petrolio arrivi a 100 dollari al barile? Poche? Molto poche? Quasi nessuna?

Storicamente, prevedere i prezzi del petrolio è qualcosa di maledettamente difficile, ma questa volta potrebbe essere un’eccezione.

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