Adesso che i dazi americani sull’alluminio sono arrivati, c’è qualcuno che comincia a chiedersi se siano serviti a qualcosa.
L’obbiettivo di imporre un 10% di dazio sulle importazioni di alluminio negli Stati Uniti, secondo il Presidente Donald Trump, avrebbe dovuto incoraggiare la produzione di metallo primario nel paese, a discapito di quelle nazioni che esportavano (Cina soprattutto).
Ma il successo di questi dazi, per usare un eufemismo, è stato solo parziale.
Alcoa chiude definitivamente la produzione di 38.000 tonnellate
Proprio il mese scorso, Alcoa ha annunciato che chiuderà definitivamente una delle quattro linee produttive a Wenatchee, nello Stato di Washington. Una chiusura emblematica, dal momento che la multinazionale dell’alluminio americana preferisce pagare una penale di 62,4 milioni di dollari al fornitore di energia locale piuttosto che investire nel riavvio della struttura.
La linea in questione ha una capacità di 38.000 tonnellate all’anno e non funzionava dal 2001. Le altre 3 linee nel sito produttivo di Wenatchee, per un totale di circa 146.000 tonnellate all’anno, stanno funzionando al minimo dal dicembre 2015. Un’altra linea è stata invece chiusa nel 2004. Gli esperti del settore evidenziano come nemmeno il forte rialzo dei prezzi dell’alluminio siano sufficienti per giustificare un riavvio.
Rivolgendo lo sguardo a tutto il mercato americano, sembrerebbe che gli Stati Uniti non saranno mai in grado di sostituire i 5 milioni di tonnellate che fino a ieri importavano. Ecco perchè, i nuovi dazi, piuttosto che generare posti di lavoro nel paese, costringeranno semplicemente i consumatori americani a pagare di più.
Anche se l‘Australia e l’Argentina, stranamente, sono state esentate dai dazi, con le loro 100.000 e 250.000 tonnellate rispettivamente, non riescono nemmeno ad intaccare le 2,5 milioni di tonnellate canadesi, colpite invece dai dazi.
468 dollari di premio
Come riferisce Reuters, il premio per l’alluminio primario, nel Midwest americano, è attualmente 468 dollari per tonnellata. Uno sproposito rispetto al premio pagato, per esempio, dagli acquirenti giapponesi, che pagano soltanto 160 per tonnellata.
Infine, che impatto ci sarà sulla Cina? Molto, molto basso. Infatti, il gigante asiatico già non esportava alluminio primario a seguito di precedenti dazi e azioni antidumping.
Sembrerebbe proprio che, da quanto emerso fino ad oggi, i dazi americani sull’alluminio siano proprio un bel pasticcio per l’economia americana: pochi posti di lavoro recuperati e un sacco di soldi da pagare in più per i consumatori americani.
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