Il paradosso verde che strangola la produzione di alluminio

I problemi energetici frenano la crescita della produzione globale di alluminio, con il sistema produttivo europeo ormai spento.

La crisi energetica che ha attanagliato l’Europa sta mettendo a dura prova il settore dell’alluminio, notoriamente energivoro. Ma, soprattutto, sta mettendo sotto gli occhi di tutti il paradosso energetico dell’alluminio (ma lo stesso vale per altri metalli): la produzione di un metallo fondamentale per realizzare un sistema energetico più verde è vulnerabile alla disponibilità di energia tradizionale (gas, petrolio e nucleare).

C’è ancora qualcuno che non si rende conto di questo paradosso? Andiamo a vedere gli ultimi dati disponibili a riguardo…

Secondo l’International Aluminium Institute (IAI), la produzione globale di questo metallo è aumentata nel 2022 del 2%, un tasso di crescita che è peggiore però di quello dei due anni precedenti.

La Cina, il principale produttore mondiale di alluminio primario, ha registrato una crescita della produzione del 4% per il secondo anno consecutivo. Ma anche il gigante asiatico è alle prese con con problemi energetici che hanno costretto durante lo scorso anno alla chiusura di impianti nelle province dello Yunnan e del Sichuan.

L’Europa si è ormai spenta

Come ben sappiamo, la situazione più drammatica è in Europa, con la produzione di alluminio che si sta spegnendo. Nel 2022 è diminuita del 12,5% e lo scorso mese (dicembre) è scesa di 540.000 tonnellate rispetto a dicembre 2021, registrando il tasso di produzione più basso di questo secolo. La causa di un simile disastro è la guerra in Ucraina e la conseguente impennata dei prezzi dell’energia elettrica.

Anche se pare che la crisi energetica europea abbia superato l’apice e l’impianto di Dunkerque (Francia), uno dei più grandi della regione (285.000 tonnellate all’anno), stia ripristinando la produzione tagliata nel quarto trimestre del 2022, molti esperti ritengono che sia troppo tardi.

L’unico smelter della Slovacchia (175.000 tonnellate all’anno) ha chiuso dopo 70 anni di attività. Quello di Podgorica (Montenegro) ha cessato di produrre alla fine del 2021. Stessa strada seguita dalle fonderie di primario in Romania e Slovenia, che hanno ridotto drasticamente la produzione.

Il paradosso verde e l’alluminio

La corsa all’energia rinnovabile non fa che accentuare il paradosso di cui abbiamo accennato. Poiché sempre più fonderie di alluminio passano a fonti di energia verde, la produzione globale di alluminio dipende sempre più dalla disponibilità di energia variabile stagionalmente.

A complicare le cose ci si mette anche il riscaldamento globale che sta cambiando la stagionalità, con periodi di prolungata siccità e ondate di calore che aumentano il consumo di energia mentre ne penalizzano la produzione. Il fenomeno è evidente in Cina dove tutte le industrie ad alta intensità energetica (alluminio in testa) sono le prime a subire restrizioni energetiche quando la rete elettrica di una provincia manifesta carenze.

Questa nuova modalità cinese “stop-and-go” di produrre alluminio, ormai entrata a far parte integrante del panorama della produzione globale, provoca un nuovo grado di volatilità sul fronte dell’offerta di alluminio. Probabilmente, anche un colosso nella produzione di alluminio come la Cina non riuscirà nei prossimi anni a sfornare tutto l’alluminio che la sua capacità produttiva gli consentirebbe.

Di fatto, il collo di bottiglia energetico, reso ancora più stretto dalle ambizioni verdi, non permette di produrre tutto l’alluminio che il mondo vorrebbe.

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