Alle origini del PC c’era la Perottina, il computer della Olivetti

Il primo personal computer del mondo nasce da ingegneri italiani, al servizio di un’azienda innovativa e coraggiosa: l’Olivetti.

Oggi, l’Italia non è nessuno nel settore dell’elettronica di consumo. Tuttavia, c’è stato un tempo in cui un’azienda italiana era leader in Europa ed era considerata la “risposta europea” ai produttori di computer americani. Quella società era la Olivetti.

La Olivetti era stata fondata ad Ivrea all’inizio del XX secolo come azienda per macchine da scrivere. Ma, alla fine degli anni ’50, sotto la direzione di Adriano Olivetti e di suo figlio Roberto, divenne una delle prime aziende europee a produrre regolarmente calcolatrici e computer elettronici, spesso caratterizzati da soluzioni molto innovative.

Il primo personal computer

Fu nei primi anni sessanta che Olivetti decise di sviluppare un computer desktop. Vale a dire un computer molto più piccolo di quelli usati all’epoca e abbastanza compatto da essere “un oggetto personale, qualcosa che doveva convivere con una persona, sulla sua scrivania” (Roberto Olivetti). Questo oggetto, il primo personal computer del mondo, venne chiamato Programma 101 (P101) e soprannominato Perottina.

Un’idea del genere era assolutamente rivoluzionaria poiché, all’epoca, i computer erano enormi mainframe sigillati in stanze ermetiche e gestiti da un’élite di tecnici specializzati in camice bianco. Ecco perché la pubblicità di Programma 101 recitava: “Benvenuti nel mondo di domani. State per fare un viaggio fuori da questo mondo, dritti nel mondo del futuro”.

Perottina, l’invenzione di un ingegnere italiano

Programma 101 ebbe presto un soprannome, Perottina, dal nome del suo inventore, l’ingegnere Pier Giorgio Perotto, allora 32enne. Fu a lui che Olivetti assegnò la direzione del progetto nel 1962. Il rivoluzionario computer fu sviluppato da un team di cinque giovani tecnici: lo stesso Perotto, Giuliano Gaiti, Giancarlo Toppi, Gastone Garziera e Giovanni De Sandre (quest’ultimi due ancora in vita).

La storia di Programma 101 è in qualche modo romantica. Olivetti aveva appena venduto la sua divisione elettronica a General Electric, che non era per nulla interessata ad un computer italiano. Tuttavia, il team di Perotto non voleva rinunciare al progetto, già in una fase embrionale. Perciò, inventarono un trucco.

Durante la notte, depennarono Programma 101 dalla lista dei computer e lo inserirono in quella delle calcolatrici. La divisione delle calcolatrici non faceva parte dell’accordo con General Electric. Così, per alcuni mesi, poterono continuare a sviluppare la loro “macchina del futuro“.

Anche la NASA ne comprò una decina

Nonostante Olivetti avesse poche aspettative sulle possibilità di un ritorno commerciale, Programma 101 ebbe successo.

Con un prezzo di 3.200 dollari (circa 20.000 dollari di oggi), era abbastanza economico se confrontato con altri computer dell’epoca. Inoltre, la Perottina era piccola e si poteva trasportare facilmente da una stanza all’altra, collegarla a una presa di corrente e iniziare a lavorare in pochi minuti. Nel suo libro sulla storia del P101, Pier Giorgio Perotto racconta che alcuni visitatori del Bema Show, quando la macchina fu presentata per la prima volta, credevano che fosse un computer finto, collegato ad un mainframe nascosto altrove.

Olivetti vendette circa 44.000 Programma 101, principalmente negli Stati Uniti. Tra i clienti c’era anche la NASA, che ne utilizzò dieci nel programma Apollo 11 per lo sbarco sulla Luna.

Tornando ai nostri giorni, è lecito domandarsi come sia potuto accadere che l’Italia, con un simile vantaggio tecnologico sul resto del mondo e con un’azienda tanto innovativa come la Olivetti, abbia potuto buttare alle ortiche questo patrimonio.

Di fatto, uno degli insegnamenti che la vicenda Olivetti ci ha lasciato è che quando uomini geniali e innovatori vivono in un paese di ignoranti (tecnologicamente e scientificamente parlando), non c’è alcuna speranza che possano fare il loro lavoro e creare benessere per tutta la società. Ma questa è un’altra storia che, prima o poi, vi racconteremo…

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