I media cileni hanno diffuso la notizia che Cochilco (Comisión Chilena del Cobre) prevede che il tasso di crescita della produzione di rame cileno dal 2021 al 2030 sarà più lento del previsto.
Non ci sono dubbi che la notizia arrivi in un momento di grande tensione per l’offerta globale di metallo rosso. Infatti, si stanno estendendo le proteste violente in Perù (secondo produttore mondiale), colpendo la produzione in diverse miniere di rame nel paese.
Se i progetti di espansione mineraria in Cile rallentano, i prezzi del rame saliranno
Naturalmente, è assai probabile che i prezzi globali del rame aumentino ulteriormente visto il rallentamento della produzione del primo paese produttore del mondo, il Cile per l’appunto.
Secondo Cochilco, la crescita inferiore al previsto dell’output di rame è imputabile soprattutto ai ritardi nei progetti minerari in Cile, conseguenti all‘incertezza politica venutasi a creare nell’ultimo anno. Quando la politica di un paese non è chiara e le regole di ingaggio rischiano di cambiare all’improvviso, l’appeal di un paese si riducono e gli investimenti si contraggono.
Da quando il presidente di sinistra Gabriel Boric è entrato in carica, il Cile ha pianificato di aumentare le tasse sul settore mineraria, arrivando a minacciare di nazionalizzare tutte le risorse minerarie.
Quando la politica entra in miniera…
In linea con questa tendenza, proprio questo mese, il governo cileno ha rifiutato di concedere una licenza al progetto ferro-rame Dominga, adducendo preoccupazioni ambientali. Sono rimaste inascoltate le critiche della Chile National Mining Association (Sonami) che ha evidenziato come il progetto sia tecnicamente valido e che il veto del governo è motivato solo da considerazioni politiche.
La scorsa settimana, l’Amministratore Delegato del colosso minerario statunitense McMullan ha dichiarato che la società sospenderà tutti i suoi progetti di espansione in Cile fino a quando non ci sarà più chiarezza sulla situazione politica nel paese.
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