Molti dubbi e poche certezze sul futuro dei prezzi del rame

La crisi energetica cinese e i guai finanziari di Evergrande alimentano dubbi e preoccupazioni circa il futuro prossimo del rame.

Serpeggiano grossi dubbi sul mercato del rame. La domanda di metallo è forse sul punto di indebolirsi?

È la Cina che preoccupa, con una volatilità che continua a sconquassare i mercati. La seconda economia più grande del mondo è anche il più grande consumatore e produttore di rame raffinato. Nel frattempo, la crisi energetica che sta colpendo il paese ha avuto un impatto significativo sulla produzione di rame che ha subito fermi e limitazioni.

Mancheranno beni di consumo in Europa e negli Stati Uniti

La maggior parte dell’energia cinese proviene dal carbone. Con la disponibilità di carbone scesa al di sotto della richiesta di mercato, i prezzi sono subito saliti e hanno raggiunto i livelli più elevati di sempre. Di conseguenza, in molte province sono state imposte rigide restrizioni al consumo energetico. I produttori si sono visti interrompere le forniture di energia e hanno dovuto interrompere la produzione di beni. Probabilmente, questi fermi influiranno anche sulla disponibilità di beni di consumo in Europa e negli Stati Uniti.

Inoltre, continuano a crescere le preoccupazioni sullo stato finanziario del gigante immobiliare cinese Evergrande. Il futuro del settore delle costruzioni in Cina, principale motore del consumo di rame, rimane una enorme incognita.

Le decisioni della FED non aiutano il rame

Anche sul fronte delle politiche monetarie in Occidente arrivano notizie che non sembrano favorevoli per il futuro del rame. La Federal Reserve americana (FED) si prepara a ridimensionare la sua strategia pandemica, aumentando i tassi d’interesse e riducendo il programma di acquisto di asset.

Questa notizia ha giovato al dollaro che è aumentato, ma non sembra favorevole alle materie prime che storicamente si muovono in perfetta relazione inversa.

Il prezzo del rame a tre mesi al London Metal Exchange (LME) è diminuito del 2,3% mese su mese e oggi (8 ottobre) quota 9.235 dollari a tonnellata.

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