Il parlamento europeo mira a vietare minerali e metalli provenienti da zone di guerra, i cosiddetti minerali insanguinati.
Con un voto a sorpresa è stata presa la decisione di eliminare drasticamente i materiali provenienti dai paesi africani dove vi siano conflitti o violenze proprio per controllare la produzione ed il commercio di queste risorse naturali. Cosa che impedirà alle bande di guerrieri della Repubblica Democratica del Congo di trarre profitto dalla vendita di tungsteno, stagno, tantalio e oro.
Il divieto colpirà tutte imprese che importano questi metalli per produrre beni di consumo e che quindi dovranno certificare che i loro prodotti sono conflict-free, cioè prodotti che non derivano da metalli o minerali insanguinati.
Una normativa assai più severa rispetto a quella adottata dagli Stati Uniti per tutelare i consumatori americani.
La nuova legge europea influenzerà molte aziende. Secondo stime del parlamento europeo, saranno 880.000 le imprese che utilizzando stagno, tungsteno, tantalio e oro, saranno obbligate a fornire informazioni sulle misure adottate per individuare tutti i rischi che tra i loro approvvigionamenti ci siano minerali e metalli provenienti da zone di guerra.
Adesso la parola passa agli stati membri dell’Unione Europea per una discussione.
Negli Stati Uniti la legge sui minerali conflict-free ha iniziato la gestazione ancora nel 2010, ma i risultati fino ad oggi sono stati piuttosto deludenti.
Secondo uno studio di Amnesty International, 79 aziende americane su 100 non soddisfano i requisiti minimi della legge sui minerali conflict-free. Inoltre, più della metà delle società prese in esame ha deciso di non riferire sui rischi in questione riguardanti la propria filiera delle forniture.
Purtroppo, l’unico risultato ottenuto è che molte società statunitensi cercano di evitare di fare affari con paesi dell’Africa sub-sahariana. Nella Repubblica Democratica del Congo, questo ha significato un minor numero di posti di lavoro legali e migliaia di persone private del loro sostentamento.
Riuscirà l’Europa dove gli Stati Uniti hanno fallito?