Esiste una teoria, su cui poggia le basi l’intera zona euro, relativa al fatto che se uno dei paesi lasciasse l’unione finirebbe dritto dritto verso il disastro economico.
Una teoria che non è ancora stata dimostrata dai fatti ma che avrebbe dovuto avere un riscontro sperimentale, che forse non avrà tanto presto.
Solo fino a pochi giorni fa, sembrava che la Grecia, fortemente indebitata, potesse essere costretta ad abbandonare l’euro e a tornare alla dracma, la moneta nazionale prima dell’euro. Ma i politici europei, tra un tira e molla e l’altro, non hanno ancora scritto la parola fine a questa storia infinita.
Per capire come finirà questa tragedia greca, proviamo a ripercorrere la strada che ha portato a questo punto.
Tra il 1990 e i primi anni 2000, la Grecia ha speso soldi a palate, senza pensare che prima o poi qualcuno avrebbe dovuto risponderne. Il governo greco si è indebitato per centinaia di miliardi di euro soltanto per preparare le Olimpiadi del 2004.
Nel 2002, la Grecia è tra i primi membri dell’Unione Europea ad adottare l’euro. L’ingresso nella zona euro era subordinata al fatto che la Grecia realizzasse alcune riforme e dimostrasse di avere i conti pubblici sotto controllo. Tra i requisiti principali c’era quello di mantenere un deficit di bilancio inferiore al 3% e un debito pubblico al di sotto del 60% del PIL.
Poichè il paese era assai lontano dagli obbiettivi desiderati, i politici greci si sono sbizzarriti in giochi di prestigio per nascondere all’Europa le reali condizioni dei conti pubblici.
Non volendo chiedere agli elettori il permesso per smantellare uno stato sociale che garantiva la popolazione dalla “culla alla tomba”, finanziato con denaro preso in prestito, il governo decise di assumere qualcuno che potesse far quadrare i conti: Goldman Sachs. D’altronde, la potente banca d’affari aveva aiutato qualche anno prima anche la Enron, un’altro gigante dei debiti e … delle truffe (“Crimini finanziari: 10 casi passati alla storia“).
Goldman Sachs studiò una manovra di ingegneria finanziaria, basata su una serie di contratti swap sulle valute con tassi di cambio fittizi, per nascondere miliardi di euro di debito, che vennero stralciati dal bilancio dello stato greco, consentendogli di emettere titoli di debito superiori a quanto mostrato nei libri contabili.
Quando la verità venne a galla, la cosiddetta troika (Commissione Europea, Fondo Monetario Internazionale e la Banca Centrale Europea) decise un piano di salvataggio da 110 miliardi di euro in cambio dell’accettazione di misure draconiane da parte del governo greco. Nel 2011 l’Europa si impegnò in un secondo piano di salvataggio da 130 miliardi di euro.
La Grecia è riuscita a mantenere alcune delle promesse fatte: aumento delle tasse, taglio delle pensioni, parziale smantellamento dello stato sociale, congelamento degli stipendi governativi. In tal modo la spesa pubblica annua è scesa di quasi il 25%.
Tuttavia, l’austerità non si è dimostrata sufficiente, poichè l’economia greca si è contratta anche del 25% e più di uno su quattro lavoratori greci è disoccupato. Mentre la posizione di bilancio del paese è molto migliorata, con un deficit di soltanto il 2,5% del PIL 2014, il rapporto debito-PIL è invece molto peggiore di quanto non fosse nel 2010: il 175% contro il 130%.
Come è chiaro a tutti, la Grecia non avrebbe dovuto ottenere il permesso ad entrare nella zona euro. Appena compreso la portata dei giochi di prestigio di Goldman Sachs, l’Unione Europea avrebbe dovuto defenestrare il paese dall’euro.
Ma le cose sono andate diversamente.
Infatti, le Banche Centrali di tutto il mondo si sono impegnate in sforzi disperati e sempre più futili per rinvigorire la crescita economica e l’inflazione dei prezzi attraverso il cosiddetto Quantitative Easing (QE), oltre ad altre misure di stimolo. Purtroppo, il fallimento di queste politiche economiche ha condotto le Banche Centrali in un vero e proprio vicolo cieco.
Le politiche di denaro facile che hanno messo in atto per incoraggiare una bolla speculativa sono diventate insostenibili. Dopo aver gonfiato la più grande bolla finanziaria della storia, i banchieri centrali sono terrorizzati dal fatto che si arriverà, con conseguenze economiche devastanti, ad una depressione deflazionistica globale, che farà sembrare la recessione iniziata nel 2008 una passeggiata.
I beneficiari della pioggia di denaro delle Banche Centrali, i governi e gli investitori del mercato azionario in tutto il mondo, sono ugualmente terrorizzati e, se non lo sono, dovrebbero esserlo.
Nessuno sa quando accadrà, ma prima o poi si arriverà alla resa dei conti. Le cose si metteranno male e l’instabilità politica e sociale entrerà a far parte della vita quotidiana in molti paesi, un pò come già avviene in Grecia. Il caso greco dovrebbe essere un avvertimento per tutti: il denaro facile non risolve i problemi economici, ma li sposta nel tempo, ingigantendoli e rendendoli drammaticamente ingestibili.