I prezzi dello zinco sono tornati sopra i 2.000 dollari per tonnellata, il livello più alto in quasi un anno.
Il guadagno da inizio anno è stato del 25%, facendo meglio del rame, ma anche del nichel e del piombo.
Non si può certo dire che la cosa sia giunta inaspettata, dal momento che gli esperti del mercato predicavano da tempo quanto fossero buoni i fondamentali del metallo e che i prezzi sarebbero saliti.
Considerazioni che hanno premiato tutti gli investitori che hanno acquistato negli scorsi mesi, puntando sul fatto che la chiusura delle miniere avrebbe portato ad una penuria di zinco sul mercato. Infatti, negli ultimi tre anni, i prezzi erano scesi così tanto da costringere alla chiusura definitiva molte miniere, con la conseguenza di un ammanco sul mercato di più di 1,5 milioni di tonnellate. Inoltre, le difficoltà finanziarie di molti gruppi hanno trattenuto gli investimenti per sviluppare nuove miniere.
La situazione si è ulteriormente aggravata quando, lo scorso ottobre, Glencore ha annunciato l’intenzione di sospendere la produzione di 500.000 tonnellate di zinco.
Come se non bastasse, le scorte LME (London Metal Exchange) sono scese al di sotto delle 400.000 tonnellate, il livello più basso dal 2010 e inferiore del 20% da quanto era a inizio anno. Per quanto le scorte LME non siano sempre indicatori affidabili circa l’andamento dei prezzi, sono pur sempre un campanello d’allarme da non ignorare.
Dulcis in fundo, anche il dollaro ha recitato la sua parte.
Come noto, il rafforzamento della valuta americana aveva spinto le quotazioni di quasi tutti i metalli verso il basso anche se, lo zinco ne era stato influenzato soltanto in minima misura. Ma l’inversione di marcia del dollaro, cominciata nel mese di giugno per l’allontanamento dell’aumento dei tassi di interesse, ha dato ossigeno a tutti i metalli di base. E anche lo zinco ne ha largamente beneficiato.
Con fondamentali assai forti e un dollaro più debole nella seconda parte dell’anno, quanto in alto potranno salire i prezzi dello zinco?