Dopo Fukushima il Giappone ripensa all’energia

Le conseguenze delle nuove politiche giapponesi nel settore del nucleare, si fanno sentire sui prezzi dell’uranio.

L’unità numero 3 dell’impianto nucleare di Fukushima ha raggiunto la piena capacità, spingendo i giapponesi ad annunciare una riduzione negli obbiettivi di risparmio energetico. L’unità sorella, la numero 4, sarà riavviata nel corso del mese di luglio.

Il Giappone è fortemente dipendente dal nucleare, dal momento che questa fonte costituisce un terzo del fabbisogno energetico del paese. Quando tutti i 54 reattori nucleari giapponesi sono stati inattivi,  per i controlli di sicurezza e di manutenzione a seguito del terremoto, le società erogatrici di energia hanno cercato di ridurre l’uso di petrolio e gas naturale. Temendo un blackout incombente, specialmente durante i mesi estivi, i politici giapponesi hanno esortato i cittadini a ridurre i loro consumi di energia. Dal 10 luglio queste restrizioni sono state allentate.

Dopo il terremoto, i combustibili fossili hanno fornito circa l’80% di energia elettrica, mentre il nucleare è sceso a circa il 10%. La maggior parte degli analisti si aspetta che il Giappone continuerà a produrre elettricità utilizzando carbone e gas naturale. Le energie rinnovabili costituiscono circa dall’1% al 2% di energia elettrica.

I prezzi dell’uranio sono stati naturalmente influenzati da questi eventi. I prezzi sono scesi a circa 50 dollari per libbra, 10 dollari più in basso dai livelli pre-Fukushima, anche se si prevede una ripresa nel 2013. La Cina infatti ha in programma di costruire 100 reattori nucleari entro il 2030 e altri 197 entro il 2050.

La quantità di uranio estratto nel mondo è attualmente insufficiente per tenere il passo con la domanda ed è perciò probabile che i prezzi siano destinati a salire.

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