I cimiteri illegali di navi: discariche di rottami sulle spiagge dell’Asia

Un fenomeno vergognoso, ma lucrativo per qualcuno, che si verifica da anni sulle spiagge asiatiche più vulnerabili.

Nonostante le navi commerciali a fine vita siano ricche di metalli, spesso non è economicamente conveniente smantellarle. E quando ciò si verifica, gli armatori con pochi scrupoli le abbandonano su spiagge lontani dagli occhi di tutti e lasciano che a demolirle siano lavoratori improvvisati che operano nell’illegalità.

Secondo la ONG Shipbreaking Platform, lo scorso anno 325 navi commerciali d’alto mare e unità offshore sono state smantellate sulle spiagge del Bangladesh, dell’India e del Pakistan. Un numero rilevante, considerando che le navi demolite a livello globale sono state 446, la maggior parte delle quali appartenenti a compagnie di navigazione dell’Europa e dell’Asia orientale. Anche nel 2022, la situazione non era molto diversa, visto che 292 delle 443 navi a fine vita sono state demolite sulle spiagge asiatiche dei tre paesi sopra menzionati.

Discariche di rifiuti tossici nelle comunità più vulnerabili del mondo

Quello che succede su quelle spiagge è difficile anche solo da immaginare ma, quello che si conosce è che lo scorso anno almeno 6 lavoratori hanno perso la vita e altri 19 sono rimasti gravemente feriti sulla spiaggia di Chattogram, in Bangladesh.

I dati disponibili, per quanto incerti, sembrano indicare che i paesi che alimentano maggiormente questo fenomeno siano la Cina, Hong Kong, gli Emirati Arabi Uniti, la Thailandia, la Grecia, la Russia e la Corea del Sud.

In Cina, per esempio, esistono impianti all’avanguardia per il riciclaggio delle navi, ma gli armatori cinesi hanno venduto 71 navi per la demolizione in Asia meridionale, 59 delle quali sono state arenate in Bangladesh. Il settore marittimo cinese sta scaricando i suoi rifiuti tossici su alcune delle comunità e degli ambienti più vulnerabili nel mondo.

Bandiere nuove per nascondere la vera proprietà del relitto

Sempre secondo Shipbreaking Platform, gli armatori violano le leggi sull’ambiente e sul lavoro grazie ad un sistema fatto di intermediari di rottami che rinominano, registrano ex-novo e cambiano bandiera delle navi a fine vita nel tentativo di nascondere la proprietà originale.

Quasi la metà delle navi arenate nel 2023 avevano nuove bandiere ottenute solo poche settimane prima di finire su qualche spiaggia. Le bandiere che sono andate per la maggiore sono quelle di Camerun, Comore, Mongolia, Palau, St Kitts e Nevis e Tanzania.

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