Barriere all’export di rottame? Un errore ambientale ed economico

Le misure che Bruxelles vorrebbe introdurre per impedire l’export di rottami verso paesi terzi, secondo le principali associazioni di categoria, provocheranno gravi danni al riciclo e all’economia circolare del nostro continente.

Il settore dei rottami dell’Unione Europea (UE) è alla vigilia di un cambiamento normativo che potrebbe sconquassare gli equilibri di mercato.

Da mesi, a Bruxelles si sta discutendo di modificare il quadro normativo che regola da tempo le spedizioni transfrontaliere di qualsiasi rifiuto. L’idea di introdurre delle barriere commerciali per non fare scappare il rottame domestico verso paesi extra-UE è una forte tentazione, supportata dalle lobby dei produttori di metallo che consumano rottami e che potrebbero finalmente operare senza la concorrenza dei prezzi cinesi o indiani.

Restrizioni che colpiranno le spedizioni di rifiuti?

Ma, come spesso avviene, quando lo Stato mette le mani nel libero mercato rischia di fare più danni che non risolvere il problema.

Il mercato dei rottami è qualcosa che si avvicina abbastanza bene al concetto teorico di libero mercato. Pur senza essere un mercato regolamentato e senza alcuna borsa merci di riferimento (tecnicamente è un cosiddetto mercato OTC, over the counter), domanda e offerta sono l’unica forza che determina i prezzi dei rottami e anche un minimo cambiamento dell’una o dell’altra si riflettono immediatamente sul prezzo.

Tutto ciò fino a quando i governi non decidono di metterci le mani, come sembra vogliano fare in Europa. Senza scendere in dettagli tecnici (cioè la mancanza di distinzione tra materiali inseriti nella lista verde considerati non pericolosi e altri materiali), Bruxelles sta pensando di introdurre restrizioni che colpiranno le spedizioni di rifiuti per scoraggiare le esportazioni di materiali problematici (plastica, pneumatici e batterie usate per esempio) al di fuori della UE, ma che coinvolgono anche materiali non di scarto altamente riciclabili, inclusi metalli, carta e cartone.

Il settore del riciclo UE fa lavorare più di 300.000 persone

Come ha avvertito EURIC (European Recycling Industries), si rischiano significative perdite di posti di lavoro e una contrazione degli investimenti in un settore vitale per l’economia circolare in Europa come quello del riciclo. Le aziende del riciclo significano qualcosa come 95 miliardi di euro per l’economia della UE e più di 300.000 posti di lavoro. Secondo EURIC, fino all’80% di chi ricicla metallo e carta prevede una riduzione delle entrate se verranno messe restrizioni alle esportazioni.

Sembra quasi che i politici europei vogliano incoraggiare l’estrazione mineraria rispetto al riciclo, mettendo vincoli al commercio libero, equo e sostenibile di materiali riciclati.

Anche Assofermet, l’associazione italiana che rappresenta le imprese italiane che operano nel ramo del commercio di rottami e materie prime, ha lanciato l’allarme. Se si dovesse arrivare a regolamentazioni europee che compromettono l’export, ci sarebbero enormi danni per i fornitori di rottami, con perdita di posti di lavoro e la cessazione della raccolta dei rottami di scarsa qualità. Un grave disastro per tutta l’economia circolare.

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