L’Australia vieta di esportare allumina in Russia. Alluminio sempre più caro

I prezzi dell’alluminio tornano a crescere dopo che l’Australia ha deciso di vietare le esportazioni di allumina verso la Russia.

Riprendono a salire i prezzi dell’alluminio. Dopo il forte aumento in seguito alla guerra Russia-Ucraina, i prezzi erano scesi dai massimi di oltre 3.500 dollari per tonnellata e si erano adagiati a circa 3.300 dollari. Una pausa durata poco perché gli ultimi eventi hanno innescato nuovi rialzi.

Infatti, l’Australia ha deciso di vietare le esportazioni di allumina verso la Russia, innescando la reazione dei mercati per la carenza di alluminio in Europa.

Forte dipendenza europea dall’alluminio russo

La russa Rusal, uno dei principali fornitori mondiali di alluminio, produce circa il 6% delle forniture globali, di cui circa il 41% è destinato al mercato europeo. La dipendenza dell’Europa dall’alluminio russo è cresciuta durante questo inverno poiché i costi più elevati dell’energia hanno costretto alcune fonderie europee a chiudere o a ridurre la produzione.

Con le scorte del London Metal Exchange in discesa (attualmente a circa 700.000 tonnellate, il livello più basso dal 2007) e scorte fuori borsa molto basse, il mercato dell’alluminio era già alle corde prima della crisi tra Russia e Ucraina. Guerra e sanzioni hanno fatto precipitare la situazione e la volatilità dei prezzi è aumentata a dismisura. Ogni volta che venivano annunciate nuove sanzioni i prezzi sobbalzavano paurosamente.

La Rusal consuma 8 milioni di tonnellate di allumina all’anno

Nonostante una settimana di tregua, il rialzo dei prezzi è proseguito sulla notizia riportata dalla Reuters che l’Australia ha vietato le esportazioni di allumina in Russia. Alla Rusal viene così a mancare la sua seconda fonte di approvvigionamento di allumina quando la prima, la raffineria di allumina Nikolaev in Ucraina, è chiusa.

La capacità della Rusal di produrre 4 milioni di tonnellate di alluminio raffinato richiede circa 8 milioni di tonnellate di allumina. Secondo Reuters, gli impianti russi di allumina sono in grado di soddisfare solo il 37% circa del suo fabbisogno. Inoltre, è a rischio anche la gigantesca raffineria di allumina della Rusal da 1,9 milioni di tonnellate all’anno, situata in Irlanda. Attualmente sta funzionando, ma l’Unione Europea potrebbe essere tentata di seguire l’esempio dell’Australia.

Quotazioni e premi continuano a puntare verso l’alto

Infine, se qualcuno pensa che la Cina possa arrivare in soccorso della Rusal farebbe bene a non illudersi. La Cina è un importatore netto di allumina per le proprie fonderie, che stanno aumentando la produzione mentre il paese allenta le restrizioni energetiche. Inoltre, la domanda di esportazione di semilavorati cinesi sta aumentando grazie alla perdita delle forniture russe.

Insomma, non c’è da stupirsi che i prezzi dell’alluminio siano ad oltre 3.550 dollari. Anzi, lo stupore è che non siano ancora a livelli più alti. Comunque, a rendere i prezzi del metallo ancora più insostenibile per i consumatori ci penseranno i premi per la consegna fisica di pani e billette, che aumenteranno a loro volta con un effetto esplosivo anche sui prezzi di prodotti come gli estrusi in tutta Europa.

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