Anche se i prezzi dell’energia elettrica sono scesi, continuano i tagli alla produzione di alluminio in Europa. Perché? Cosa sta succedendo davvero?
Negli ultimi due anni l’Europa ha perso circa la metà della sua capacità produttiva poiché i prezzi dell’energia sono volati alle stelle, riducendo drasticamente i margini dei produttori. Da questa morìa si sono salvati soltanto i produttori a basso costo. Tuttavia, mentre i costi dell’energia scendono, i tagli produttivi continuano e, per quanto possa sembrare un paradosso, i prezzi non riescono a riprendersi.
Prezzi dell’elettricità aumentati di 10 volte in 2 anni
Dalla fine del 2021 è stata tagliata più di 1 milione di tonnellate di capacità annua di alluminio e tutti ricordano ancora quando i prezzi all’ingrosso dell’elettricità avevano raggiunto il picco (agosto 2022), stabilendosi dieci volte più in alto rispetto a due anni prima. In Italia l’eletticità aveva raggiunto 543 euro per MWh, quando a marzo 2021 era a 60 euro per MWh.
Ma, a partire da settembre, i prezzi dell’energia elettrica sono scesi significativamente e, a gennaio di quest’anno, in Italia erano più bassi del 67% e in Germania del 71,1% rispetto al picco di agosto dello scorso anno.
Chi aveva sperato che il peggio fosse passato per il settore dell’alluminio europeo, non aveva compreso a fondo cosa stava succedendo. A gennaio, infatti, la francese Aluminium Dunkerque, che gestisce una delle più grandi fonderie di alluminio in Europa, ha iniziato a riavviare la capacità inattiva da fine 2021. Al contrario, altri produttori (recentemente la tedesca Speira e la slovena Talum) hanno continuato a tagliare la produzione, in molti casi per sempre.
La produzione si sta spostando inesorabilmente verso est
Ad oggi, i prezzi dell’energia elettrica rimangono fino a tre volte più alti nell’Unione Europea (UE) rispetto a due anni fa e i margini dei produttori di alluminio non sono sufficienti per tenere accesi i forni. Nel frattempo, la produzione globale di alluminio ha continuato a crescere, raggiungendo i 5,27 milioni di tonnellate a febbraio, in aumento del 2,69% rispetto all’anno precedente (dati International Aluminium Show).
Non è difficile vedere in quello che sta accadendo uno spostamento strutturale della produzione primaria verso est. Il riavvio della capacità di fusione dell’alluminio comporta costi elevati tanto che è del tutto improbabile che venga riavviata una parte significativa della capacità europea ridotta. Di fatto, la crisi energetica ha accelerato un cambiamento strutturale che lascerà il nostro continente senza una produzione significativa di alluminio.
Adesso, per evitare che quando la domanda di metallo si riprenderà i prezzi volino alle stelle, non rimane che sperare e auspicare che la produzione persa dalla UE venga ripristinata altrove, in paesi dove i costi non siano così insostenibili come in Europa.
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