Alluminio: le fonderie UE raddoppieranno i tagli e Pechino ringrazia

Per l’alluminio europeo i prossimi mesi potrebbero essere drammatici. Ma, come sempre succede in economia, i dolori di qualcuno sono le gioie di qualcun altro.

I prezzi dell’alluminio continuano a viaggiare lungo un trend ribassista. Il debole rimbalzo verso l’alto di luglio non è stato sufficiente a far cambiare direzione al mercato e, a inizio agosto, i prezzi hanno ricominciato a scendere.

I driver dell’offerta di mercato di questi mesi li conosciamo bene: costi energetici che rendono la produzione antieconomica in Occidente (soprattutto nell’Unione Europea) e aumento della produzione cinese, parte della quale destinata all’esportazione.

Un terzo delle fonderie di alluminio nel mondo hanno lavorato in perdita

L’Europa ha già chiuso circa la metà della sua capacità fusoria di alluminio e, secondo Alcoa, tra il 10% e il 20% delle fonderie lavora in perdita a causa dei prezzi elevati dell’energia e dei bassi prezzi del metallo. Ma il problema riguarda anche la Cina, dove si stima che un 50% delle fonderie non raggiunga la redditività. Secondo Norsk Hydro, più di un terzo delle fonderie mondiali ha operato in perdita.

La situazione in prospettiva promette ulteriori peggioramenti nei paesi europei che devono affrontare il razionamento dell’energia, mentre i prezzi della stessa continuano a salire. Secondo un sondaggio della Aluminium Deutschland, associazione tedesca del settore, nove aziende su dieci non sono in grado di cambiare fonte energetica di approvvigionamento se il gas naturale diventasse indisponibile. La carenza di energia potrebbe provocare il raddoppio dei tagli alla produzione a cui abbiamo assistito nel corso di quest’anno (circa 900.000 tonnellate).

Ovviamente, qualcuno potrebbe domandarsi perché, con problemi tanto gravi sul fronte dell’offerta, i prezzi dell’alluminio non salgono. Innanzitutto, il contesto economico globale sta andando verso un peggioramento della domanda. Inoltre, le esportazioni cinesi stanno colmando le gravi lacune dell’offerta provocate dalla guerra in Ucraina e dalla guerra delle sanzioni.

Le esportazioni cinesi di primario sono cresciute del 364%

Anche se le sanzioni occidentali hanno evitato di prendere di mira l’alluminio russo, gli effetti a valle dei divieti di esportazione australiani di bauxite e allumina hanno comunque danneggiato la produzione russa. Ma anche in questo caso è la Cina ad averne in un certo qual modo approfittato, aumentando la propria produzione di allumina per spedirla in Russia, così da limitare gli effetti delle carenze. A conti fatti, la Cina è diventata un esportatore netto di allumina, mentre la Russia esporta tutto il suo GNL, un tempo destinato all’Europa, in territorio cinese.

Oltre all’allumina, la Cina ha incrementato sia la produzione che le esportazioni di alluminio primario. Nello specifico, quelle di alluminio primario sono aumentate di quasi il 364% nei primi sei mesi di quest’anno rispetto al 2021. La gran parte del materiale esportato ha come destinazione l’Europa.

Tempi difficili per i pani di alluminio, ma anche per i semilavorati

Per i consumatori europei, sia di pani che di semilavorati, le cose potrebbero peggiorare. Certamente, sarà la produzione di pani ad essere maggiormente colpita dalla crisi energetica, ma anche i semilavorati subiranno un impatto significativo.

Come abbiamo visto nel più recente passato, la riduzione di metallo primario e l’aumento dei costi di consegna sosterranno i premi. A questo si aggiungerà la crescente concorrenza delle importazioni cinesi di semilavorati. Anche se alcuni prodotti di origine cinese hanno restrizioni alle importazioni (dazi o quote limitate), molti non ne sono soggetti. Inoltre, poiché i dazi aumentano i prezzi dei semilavorati di produzione europea, i prodotti cinesi guadagnano in competitività.

Lo dimostrano chiaramente i dati sulle esportazioni cinesi di semilavorati, in continuo aumento. Nel 2021 sono aumentate del 18% e, dall’inizio del 2022, la crescita è stata del 28%.

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