I produttori di alluminio cominciano a perdere soldi. Secondo Alcoa, fino al 20% della capacità produttiva mondiale è in perdita per l’aumento dei costi. In Cina, agli attuali prezzi di mercato, tale percentuale arriva probabilmente al 50%. In altre parole, la metà delle fonderie cinesi sta perdendo denaro.
Timori di una recessione che peserà sulla domanda
Come noto, i produttori di alluminio in tutto il mondo, ma soprattutto in Europa, sono alle prese con l’aumento drammatico dei costi dell’elettricità, mentre si aggravano i timori di una recessione che flagellerà la domanda. Ma non solo… La guerra delle sanzioni contro la Russia e le minacce di altri lockdown per il COVID-19 in Cina sta aggravando l’incertezza sulle forniture globali di alluminio.
In questo contesto negativo, Alcoa ha dichiarato 500 milioni di riacquisto titoli grazie a risultati trimestrali migliori del previsto. Infatti, nel secondo trimestre di quest’anno, l’azienda statunitense ha registrato 913 milioni di dollari di utili prima di interessi, tasse, ammortamenti e svalutazioni, superando le aspettative degli analisti che si fermavano a 908,7 milioni di dollari. Ma le cose avrebbero potuto andare ancor meglio se i prezzi dell’alluminio non fossero diminuiti e i costi aumentati nell’ultimo periodo.
Almeno fino al 2023 i prezzi dell’alluminio rimarranno deboli
Secondo l’Amministratore Delegato di Alcoa, Roy Harvey, ad oggi la domanda continua a crescere nonostante l’incertezza globale nel breve termine. Inoltre, l’azienda ha da poco deciso di ridurre una delle tre linee di fusione in uno stabilimento dell’Indiana (Stati Uniti) per mancanza di personale, con un impatto negativo previsto di 20 milioni di dollari sull’utile netto del terzo trimestre.
Jefferies Group, una importante banca d’investimento americana, ritiene che le riduzioni produttive di Alcoa dovrebbero sostenere il prezzo dell’alluminio, anche se per vedere una ripresa significativa delle quotazioni del metallo dovremo aspettare almeno fino al 2023.
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